Introduzione all’arte omeopatica

+++  Nascita di Hahnemann

Dopo la metà del Settecento compare la figura di Christian Friedrich Samuel Hahnemann (1755-1843), colui che diede all’Omeopatia la dignità di scienza. Avendo compreso l’assurdità e l’inadeguatezza dei metodi di cura impiegati dai suoi colleghi di quei tempi, a trentacinque anni decise di abbandonare la professione medica. Grazie alla conoscenza di ben sette lingue, Hahnemann riusciva a mantenere se stesso e la sua famiglia traducendo libri; da tempo gli studiosi dibattevano a proposito di rimedio fitoterapico, la China, noto come polvere dei Gesuiti, imposto dalla Chiesa a favore dei bisognosi, nonostante l’opposizione dei cattedratici: l’azione antipiretica e antimalarica andava a sbattere contro le teorie moraliste dominanti a quel tempo; un capitolo intero della Materia medica dello scozzese Cullen, era dedicato alla corteccia dell’albero di China, da cui si estraeva una sostanza, la chinina, usata come febbrifugo soprattutto nella cura della malaria; il Cullen descriveva gli operai addetti alla lavorazione della China che si ammalavano di febbri intermittenti e in particolare sviluppavano sintomi simili alla malaria: Hahnemann pensò che la China stessa avrebbe potuto curare quei sintomi; in particolare, rimase colpito dall’espressione: «La china produce sullo stomaco uno stato di corroborazione», ovvero rinforza chi ne fa uso e lo protegge contro la malaria. Hahnemann utilizzò su se stesso la corteccia di China ebbe un senso di malessere estremo, che lo condusse successivamente a correggere l’affermazione del trattato che stava traducendo e affermò a gran voce: “la China agisce contro la febbre malarica perché è in grado di indurre nell’uomo sano dei sintomi simili a quelli della febbre intermittente”. Hahnemann si rese conto che la China provocava nella persona sana un attacco di febbre simile a quello presente nella persona malata di malaria: da qui nacque la sua grande intuizione: egli affermò che la corteccia di China, usata contro la febbre intermittente, agiva perché era in grado di produrre nella persona sana sintomi simili a quelli della malaria o febbre intermittente; la riprovò a dosi maggiori per vari giorni, fino a quattro dracme, circa dodici grammi, due volte al giorno un dosaggio altissimo quindi; ogni volta sviluppò freddo, stanchezza, sonnolenza, palpitazioni, ansia calore, sete, ma poi ritornò alla normalità. Provò su di sé altre sostanze: arsenico, digitale, belladonna (genera febbre, mal di testa e arrossa la pelle, quindi cura la scarlattina), mercurio; scrisse: “tra le medicine quella che, nei suoi sintomi conosciuti, sarà più simile alla totalità dei sintomi di una malattia naturale, diventerà per essa il rimedio omeopatico più adatto; in tale droga si sarà ritrovata la cura specifica di quella malattia”. Le teorie di Hahnemann nacquero in un’epoca in cui la medicina stava muovendo i primi passi, con la precisa intenzione di uscire da quel dogma umoralista, che lo stesso padre dell’omeopatia condanna a gran voce.

Nella “Materia Medica Pura”, all’inizio del capitolo in cui introduce la sperimentazione di Aurum metallicum a gran voce dichiara: “la superstizione, le osservazioni impure e le assunzioni credulone sono state la fonte delle innumerevoli virtù terapeutiche falsamente ascritte alle medicine nella Materia Medica; i detti teorici hanno convinto più di prove convincenti”; poi alcune righe sotto aggiunge: “avrebbero mai i nostri medici, con il loro consueto modo di falsificare le virtù medicinali con ipotesi vanescenti, e di costruire una materia medica di tali materiali fantasiosi, scoperto questo importante potere del metallo (l’oro), che le loro saccenti speculazioni hanno consegnato alla categoria delle sostanze completamente inerti?”.

Proprio all’inizio del primo volume del Trattato delle Malattie Croniche: “Il trattamento dei medici allopatici, finora, è servito solo all’aumento delle sofferenze, per i malati cronici; poiché la loro pena veniva solo ampliata da quella grande quantità di misture disgustose, costituite da forti sostanze medicinali, preparate in grandi quantità dai farmacisti, il cui singolo effetto era a loro sconosciuto, e da tutta quella molteplicità di mezzi, che fanno fuoriuscire sudore e saliva, analgesici, clisteri, frizione, fumenti, fumigazioni, impiastri vescicanti, setoni, fontanelle, ma in maniera particolare i lassativi, le sanguisughe, i salassi e le cure del digiuno o, come si vogliono chiamare, tutte le torture di natura medica, che seguono la moda e in parte aumentano il male e ridicono la forza vitale, con la scusa di servire da ricostituenti”. Quando da questi, alla fine, veniva prodotto un cambiamento sensibile, al posto delle sofferenze tollerate fino a quel momento, si aggiungeva un altro stato di sofferenza peggiore: anonime malattie iatrogene, di natura peggiore, ancora più incurabili delle precedenti, considerate nuove e accompagnate dalla consolazione del medico che: “la malattia vecchia è stata debellata con successo; peccato che se ne manifesti una nuova; speriamo di ottenere con, con quest’ultima, comunque, lo stesso successo avuto con la prima”. E si andava avanti così, tra nuove manifestazioni dello stesso male e l’aggiunta di altre nuove, causate dalla somministrazione di medicamenti errati e dannosi, con un crescendo nella sofferenza del malato, fini a quando, con l’ultimo respiro, si spegnevano, per sempre, quei lamenti degni ci compassione e si consolavano i parenti con la scusa che “era stato utilizzato e applicato ogni mezzo possibile”. Non agisce così, invece, il grande dono di Dio: l’omeopatia !”

Nella pagina che introduce la sperimentazione di Cyclamen europoeum, un rimedio della Materia Medica Pura, Hahnemann urla a gran voce il suo pensiero contro le teorie umoraliste del tempo e la legge delle signature in particolare: “Proprio come la virtù di un uomo non può essere determinata dall’aspetto ingannevole della sua forma esterna, né dal colore del suo cappotto, o dal pettegolezzo superficiale della moltitudine, ma solo da come manifesta concretamente se stesso, in maniera chiara, all’osservatore onesto, nella bontà della sua condotta, così, veramente, il reale valore di una medicina non può essere determinato, né dall’aspetto esterno, né da alcuna infondata reputazione questa possa aver ottenuto. È solo attraverso la nostra accurata sperimentazione delle medicine sulle persone sane che possiamo veramente apprendere quali siano le peculiari qualità di un farmaco, quali cambiamenti possa produrre sulla salute, e quindi i cambiamenti simili, che, nel malato, sia in grado di curare”. I sostenitori della teoria delle signature stabilivano le proprietà terapeutiche di una sostanza, in particolare di una pianta, in base alle forma, struttura, colore, odore, sapore della pianta stessa: ad esempio Chelidonium majus è una pianta velenosa, ma il colore giallo dei suoi fiori ed il succo che emana il gambo richiamano il giallo della bile fresca: tutto ciò è sufficiente ai medici del tempo, sostenitori appunto di questa teoria delle segnature, per collegare la celidonia al fegato, ovvero ai disturbi derivanti da una malattia epatica; scrive lo stesso Hahnemann, nella materia medica Pura, nella pagina di presentazione proprio del rimedio Chelidonium: “Gli antichi immaginavano che il colore giallo del succo della pianta fosse una indicazione, signatura, della sua utilità nelle malattie biliari; i moderni da questo estesero il suo impiego alle malattie epatiche, e sebbene ci fossero casi nei quali l’utilità di questa pianta, nelle malattie di quella regione dell’addome (ovvero del fegato), era ovvia, tuttavia le malattie di questo organo (il fegato) differiscono tanto l’una dall’altra, sia nella origine, che nei concomitanti disturbi del resto dell’organismo”. Altro esempio noto di signatura, lo troviamo nell’iperico, una pianta dotata di foglie bucherellate come ferite e quindi fortemente indicata nelle conseguenze di traumi che provocano ferite.

È importante tenere presente anche il momento storico in cui Hahnemann stava gettando le basi della nuova scienza omeopatica.

Un medico parigino, allora molto conosciuto in tutta Europa, era il dottor Joseph Victor Broussais (1772-1838), grande sostenitore del dogma umoralista, imperante in quel tempo; questo acerrimo nemico del dottor Hahnemann sosteneva che tutte le malattie altro non sono che infiammazioni locali, caratterizzate da un eccesso di sangue; egli adottava un metodo unico e semplice per la cura di tutte le malattie: il salasso ripetuto tramite l’uso su tutto il corpo di parecchie sanguisughe (da 15 a 20) ed il digiuno; se poi il malato moriva si poteva affermare con certezza che la malattia era mortale fin dall’inizio. Era noto anche come il medico di Napoleone ed insieme al grande generale aveva partecipato a numerose campagne militari. Ben presto si sparse in tutto il vecchio continente la diceria che sui campi di battaglia fosse stato sparso più sangue per opera di Broussais che per colpa di Napoleone. Il noto medico umoralista sosteneva inoltre che le lesioni degli organi visibili all’autopsia fossero le prime ad essere insorte e poi da lì si sarebbero diffuse al sangue (oggi sappiamo che succede il contrario). In particolare, Broussais era convinto che la pazzia nascesse da una irritazione locale dei tessuti che, col tempo, si sarebbe diffusa a tutto il sistema nervoso.

La scelta della China, e della sua sperimentazione in realtà non fu casuale: la China, accanto alla scoperta dell’acaro della scabbia, rappresentava, fin dal suo primo esordio, intorno al XVI secolo, il più grande elemento di disturbo della dottrina umoralista. La sua azione non poteva essere evacuante, come affermavano i dogmatici, i fedelissimi seguaci delle teorie umoraliste, ma agiva in maniera del tutto diversa; la China stessa era capace di creare un quadro clinico, molto simile a quello della malaria: quindi, per la legge di similitudine, consentiva di debellare questa grave malattia tropicale: quindi la China non curava la malaria perché eliminava dall’organismo degli umori corrotti, perché portava all’esterno una materia peccans, un malum, un qualcosa di tossico, secondo i principi dell’umoralismo, che rappresentava l’unico dogma del tempo, l’unico credo a cui si affidavano i medici da migliaia di anni: la China guariva i malati perché era capace di generare nel paziente sano sintomi simili, non però uguali, a quelli della malaria stessa: pertanto coloro che erano affetti da malaria o meglio da un quadro clinico simile a quello della malaria trovavano la soluzione dei loro problemi grazie alla China: le basi della legge dei simili, il fondamento vero dell’arte omeopatica, in pratica l’unico vero assillo dell’omeopata unicista, lentamente veniva alla luce; da quì partirono tutte le altre sperimentazioni di Hahnemann su volontari sani. Una delle prime interessò, non a caso, il Mercurio: tale droga infatti presentava analogie con la China: la distruzione dell’agente della sifilide non poteva avvenire, come sostenevano i dogmatici dell’umoralismo, per salivazione, per azione purgativa o per l’assorbimento di una massa considerevole di mercurio; la guarigione di tale malattia venerea, scriveva Hahnemann, era strettamente correlata alla cosiddetta “febbre mercuriale”, in grado di distruggere l’agente patogeno della sifilide per similitudine, ovvero creando, grazie al rimedio omeopatico, una malattia simile, ma più forte, capace di sovrapporsi e poi di debellare la malattia originaria. Pertanto alla base dell’arte omeopatia sta il concetto che i simili curano i simili, come ripete il famoso aforisma: similia similibus curentur: una affezione presente in un organismo vivente è cancellata durevolmente da una malattia più forte, artificiale, che, pur diversa per qualità, le è assai simile nella sua manifestazione; scrive Hahnemann nel capitolo 27 dell’Organon: “La virtù curativa dei rimedi sta dunque nella loro proprietà patogenetica di provocare dei sintomi simili a quelli della malattia da trattare, ma più forti di quest’ultimi. Ne consegue che ogni singolo caso patologico non può essere vinto, cioè guarito in maniera sicura, radicale, rapida e permanente, se non mediante un rimedio in grado di provocare una malattia individuale, oppure un insieme di sintomi il più possibile simili e completi rispetto alla totalità di quelli di cui l’individuo è affetto, a condizione, però, che questo rimedio sia nello stesso tempo dotato di una energia superiore.” Il fondatore dell’omeopatia continua nel capitolo successivo, il 28, dell’Organon: “Poiché questa legge salutare di natura si manifesta in tutte le prove pure e in tutti gli esperimenti puri del mondo, è dimostrato che il fatto esiste; poco importa sapere scientificamente il perchè questo avvenga ed io ci tengo poco a tentarne la spiegazione”. Ci fa comprendere la superiorità del rimedio omeopatico rispetto ad un qualunque agente patogeno e siamo ancora in epoca premicrobiologica, ovvero non si conoscevano batteri né tantomeno i virus. Scrive Hahnemann nel capitolo 30 dell’Organon: “Il corpo umano mostra di lasciarsi perturbare, nel suo stato, più fortemente dai rimedi, anche perché noi possiamo dosarne la quantità, che dagli stimoli delle malattie naturali, perché le malattie naturali vengono guarite e superate dai rimedi appropriati”; e continua nel capitolo 31 e 32 dell’Organon: “Le potenze nemiche sia psichiche, che fisiche, che si chiamano agenti patogeni, nella vita terrestre non possiedono necessariamente la proprietà di rendere malato l’uomo. Noi per causa loro ci ammaliamo soltanto quando il nostro organismo ne ha la disposizione e si trova disarmato in modo che l’agente patogeno presente può intaccarlo, alterare e perturbare lo stato di salute e determinare sentimenti e funzioni anormali. Quindi gli agenti morbosi non fanno ammalare chiunque ad ogni tempo. Tutt’altro comportamento hanno le potenze che scatenano malattie artificiali, intendendo per potenze i rimedi, le medicine, le cure omeopatiche: ogni vero rimedio agisce in ogni tempo, in tutte le circostanze, in ogni uomo, provocando in esso sintomi ad esso caratteristici, persino colpendo chiaramente i sentimenti, se la dose era sufficiente. Quindi è evidente che ogni organismo umano vivo deve venire colpito, quasi a dire contagiato, in ogni tempo e incondizionatamente dalla malattia medicamentosa; mentre questo non avviene con le malattie naturali.” A questo punto Hahnemann ammonisce, con fermezza, tutti coloro che si avvicinano all’arte omeopatica: con grande fermezza dichiara che non è possibile mischiare, unire la metodica da lui scoperta con le terapie della medicina tradizionale: è intransigente, deciso, netto in queste sue affermazioni che non lasciano spazio alla minima discussione e scrive al capitolo 52 dell’Organon: “I due metodi sono contrari l’uno l’altro e solo chi non li conosce può illudersi che possano avvicinarsi od anche abbinare e può perfino arrivare alla ridicolaggine di curare il malato a suo piacere ora allopaticamente ora omeopaticamente. Questo procedimento costituisce un tradimento delittuoso verso la divina omeopatia”. Hahnemann si scaglia contro le cure allopatiche, enanziopatiche e isopatiche. L’enanziopatia è la pratica medica più usata oggi e basata sull’uso dell’esatto contrario: ovvero di un qualcosa che determina una azione esattamente contraria a quella che sta attuando l’organismo: quindi in caso di nausea il medico sceglie una terapia enanziopatica se somministra un farmaco antinausea, oppure se inietta un antidolorifico in presenza di dolore o se consiglia un antipiretico in caso di febbre; tale metodo è, secondo Hahnemann errato perché agisce su un solo sintomo ed anche perché provoca un miglioramento apparente seguito ben presto da un vero peggioramento. Il termine enanziopatia è spesso confuso con quella di allopatia: quest’ultimo deriva dal latino allos, ovvero altro: si tratta di terapie che provocano una azione sul corpo che apparentemente non ha nulla a che fare con la malattia stessa: si tratta cioè di un qualcosa di diverso, di altro: come un clistere nella stipsi, o un diuretico in chi ha le gambe gonfie: sono terapie che non lavorano sulla causa che ha provocato il disturbo, non hanno un rapporto diretto sulla malattia stessa, tuttavia sono molto usate; Hahnemann stesso dichiara che, tali cure allopatiche, hanno ottenuto un certo successo tra la gente in quanto forniscono un sollievo certamente temporaneo e palliativo, ma soprattutto istantaneo e quindi seducente.

Per ultimo parla del terzo metodo di cura: l’isopatia, la cura dell’idem, dell’uguale, non del simile, come fa l’omeopatia; ovvero il vaiolo bovino poi iniettato dell’uomo è una cura omeopatica perché si tratta di un qualcosa di simile, ovvero proviene da bovini e non uguale, ovvero non proviene dall’uomo stesso: se tali materiali patologici usati per curare certe malattie, come nel caso dei nosodi, provengono da un uomo e vengono iniettati ad un uomo allora si parla di isoterapia; un esempio è l’uso della propria urina, in genere, fortemente diluita per curare le malattie che coinvolgono l’urina stessa; lo stesso vale nel caso in cui ci si serve del sangue umano o di altri secreti provenienti dall’uomo, i cosiddetti nosodi, al fine di curare patologie dell’uomo stesso: Hahnemann sconsiglia l’isoterapia o la nosodoterapia perché si tratta di terapie poco studiate e capaci di scatenare reazioni secondarie incontrollate, difficili da gestire.

 

+++    Organon, Materia medica pura,

Trattato delle malattie croniche

 

Hahnemann viene ricordato per tre grandi opere che hanno fatto conoscere al mondo la nuova arte omeopatica: l’Organon, La Materia medica pura e il Trattato delle malattie croniche. Non va trascurato un importante lavoro datato 1776 e pubblicato sul giornale di farmacologia pratica di Hufeland col titolo: “Tentativo di individuare un nuovo principio per scoprire il potere curativo delle sostanze farmacologiche, accanto ad alcuni cenni su quelli impiegati finora”. Il fondatore dell’omeopatia iniziò a comprendere ben presto che nessuna caratteristica fisica di una sostanza e nemmeno la forma, l’odore, il sapore o il colore costituiscono l’elemento peculiare di essa: solo la capacità della sostanza in questione di indurre una sintomatologia specifica sui soggetti sani può chiarire la sua specificità d’azione. Hahnemann comprese che la sperimentazione farmacologica sui soggetti sani consentiva di identificare due effetti conseguenti all’assunzione del farmaco: una azione primaria, tipica del farmaco e pertanto riproducibile in tutte le sperimentazioni e quindi in ogni sperimentatore, in ogni luogo e in ogni tempo; ed una azione secondaria, grazie alla quale l’organismo cerca di liberarsi dalla noxa patogena o malattia indotta dal farmaco. Tale azione secondaria, nota anche come consecutiva perché compare dopo l’azione primaria, si può accostare agli effetti indesiderati, alle reazioni collaterali, al giorno d’oggi sempre più frequenti, alla luce anche dell’abuso di farmaci. Già Molière nel Seicento amava ripetere che quasi tutte le persone muoiono per colpa delle medicine e non per le loro malattie. Tale effetto secondario è del tutto individuale, varia da individuo ad individuo e viene influenzato dalle condizioni psicologiche, ambientali e contingenti del paziente; diviene inutile agli scopi terapeutici che il medico si pone. Va pertanto sottolineato che la diluizione del farmaco trova la sua principale motivazione nel tentativo di eliminare questo effetto secondario o reazione collaterale; può anche apparire intuitivo che un farmaco estremamente diluito possa creare meno problemi di una droga assunta in grande quantità.

Gli effetti primari di una droga, invece, sono gli unici che devono essere utilizzabili per gli scopi terapeutici, ovvero che il medico deve studiare e conoscere bene; nella introduzione al rimedio Ferrum nella materia medica Pura con estrema precisione chiarisce questo concetto: “Solo una minuziosa conoscenza dei caratteristici effetti primari delle medicine, e se queste presentino una grande somiglianza con i sintomi della malattia da curare, come l’omeopatia insegna, potrebbe proteggere i pazienti da questi errori fatali”; Hahnemann sottolinea gli errori dei medici, che non sono capaci di dire in anticipo, ovviamente perché non conoscono l’arte omeopatica, quale farmaco è benefico e quale è nocivo per il paziente; e sempre durante la presentazione del rimedio Ferrum metallicum esprime una critica ai medici del tempo: “Perché il paziente è così debole? Ovviamente perché è malato! La debolezza è una pura conseguenza, e un singolo sintomo, della sua malattia. Quale uomo razionale potrebbe pensare di fortificare il suo paziente, senza rimuovere la sua malattia? Ma se questa malattia viene rimossa, egli sempre, anche durante il processo di guarigione, recupera le forze dalla energia del suo organismo, ormai liberato dalla malattia. Non c’è alcuna cosa, che sia un rimedio fortificante, fin tanto che la malattia continua; né potrebbe esserci”.

A questo punto Hahnemann introduce il concetto di dinamizzazione o succussione o potentizzazione, la quale consiste praticamente nell’agitare la boccetta contenente il rimedio: tale procedimento consente di esaltare gli effetti primari del farmaco, quelli più importanti, nonostante la sostanza sia estremamente diluita; si tratta di una manovra semplice, oggi svolta da apparecchiature, un tempo manualmente, e secondo i romantici dell’omeopatia, lo stesso Hahnemann amava scuotere i rimedi contro il sacro libro della Bibbia. Ancora non si è compresa l’esatta azione della succussione su un rimedio altamente diluito, ma recenti studi di fisica parlano di campi elettromagnetici e della cosiddetta memoria dell’acqua per spiegare l’azione della dinamizzazione: comunque tantissimi dati scientifici e quindi ripetibili confermano l’importanza della succussione o potentizzazione o dinamizzazione: in particolare gli studi di tossicologia e le patogenesie, ovvero la raccolta di sintomi durante le sperimentazioni omeopatiche ci parlano di tali effetti primari. Quindi è bene ripetere che le diluizioni hanno lo scopo di eliminare l’azione secondaria del farmaco, ovvero le reazioni che l’organismo mette in atto per eliminare il farmaco, i noti effetti collaterali, che non interessano al terapeuta e che sono pure dannosi. La dinamizzazione, invece, è volta ad esaltare gli importanti effetti primari della droga, quelli che il terapeuta poi deve scegliere, sempre secondo il principio della similitudine, per curare il paziente. Il padre dell’omeopatia iniziò una serie di sperimentazioni, meglio chiamarle proovings, sull’uomo sano e fornì un elenco di rimedi: esattamente sessantaquattro nella Materia medica pura e quarantasette nel Trattato delle malattie croniche:

 

Materia medica pura: Aconitum napellus, Ambra grisea, Angustura, Ar­gen­tum foliatum, Arnica montana, Arsenicum, Asarum, Aurum foliatum, Belladonna, Bismuthum, Bryonia alba, Calcarea acetica, Camphora, Cannabis sativa, Capsicum annuum, Carbo animalis, Carbo vegetabilis, Chamomilla, Chelidonium, China, Cicuta virosa, Cina, Cocculus, Colocynthis, Conium, Cyclamen, Digitalis, Drosera rotundifolia, Dulcamara, Euphrasia officinalis, Ferrum, Guajacum, Helleborus niger, Hepar sulpur, Hyoscyamus niger, Ignatia, Ipecacuana, Ledum palustre, Manganum aceticum, Mennyanthes trifoliata, Mercurius solubilis, Moschus, Muriaticum acidum, Nux vomica, Oleander, Opium, Phosphoricum acidum, Pulsatilla, Rheum, Rhus tox, Ruta, Sambucus, Sarsaparilla, Scilla, Spigelia, Spongia, Stannum, Staphysagria, Stramonium, Sulphur, Taraxacum, Thuja, Veratrum album, Verbascum.

 

Trattato delle malattie croniche: Agaricus muscarius, Alumina, Ammonium carbonicum, Ammonium muriaticum, Anacardium, Antimonium crudum, Arsenicum album, Aurum foliatum, Baryta carbonica, Borax, Calcarea carbonica, Carbo animalis, Carbo vegetabilis, Causticum, Clematis erecta, Colocynthis, Conium maculatum, Cuprum, Digitalis purpurea, Dulcamara, Euphorbium, Graphites, Guaiacum, Hepar sulphur, Iodum, Kalium carbonicum, Kalium nitricum, Lycopodium, Magnesia carbonica, Magnesia muriatica, Manganum, Mezereum, Muriaticum acidum, Natrum carbonicum, Natrum muriaticum, Nitricum acidum, Petroleum, Phosphorus, Phosphoricum acidum, Platina, Sarsaparilla, Sepia, Silicea, Stannum, Sulphur, Sulphuricum acidum, Zincum.

 

I 17 rimedi presenti in entrambe le opere sono:

Arsenicum, Aurum foliatum, Calcarea acetica, Carbo animalis, Carbo vegetabilis, Colocynthis, Conium, Digitalis, Dulcamara, Guajacum, Hepar sulpur, Manganum aceticum, Muriaticum acidum, Phosphoricum acidum, Sarsaparilla, Stannum, Sulphur.

 

È importante analizzare queste liste per capire il pensiero di Hahnemann. Le malattie croniche sono di origine miasmatica; la stessa derivazione greca della parola miasma lascia chiaramente comprendere l’idea del contagio e quindi dell’infezione: in senso letterale o meglio etimologico miasma, proviene dal greco “ miaino” e significa piccola macchia: la malattia cronica sarebbe come paragonabile ad una piccola macchia, quindi qualcosa di minimo, di trascurabile, di insignificante, la quale però pian piano, col tempo, lentamente, ma inesorabilmente si allarga fino ad invadere tutto il sistema: c’è ancora il detto: “si allarga a macchia d’olio”.

Diverso è il concetto di infezione che fa riferimento al termine latino “infectio”, parola decisamente meno antica di miasma: gli operai della lana, nel Medioevo impregnavano, ovvero infettavano i tessuti, le stoffe di colori naturali: un telo da bianco diventava completamente rosso o verde: da qui il termine infezione.

Hahnemann parla spesso e chiaramente di infezione, e siamo ancora in epoca premicrobiologica, specie quando discerne sui tre principali miasmi: Psora, Sifilide e Sicosi i quali vanno identificati con tre distinte malattie di origine infettivo-cronica.

Introduce il concetto di malattia cronica: è il primo medico a farlo e pochi comprendono l’importanza di tale scoperta: anche oggi parliamo di disturbi cronici, di sequele di malattie, di processi che durano da parecchio tempo: in genere per malattia cronica si intende una patologia che dura a lungo e che si complica con altre patologie e che richiede soprattutto vari tipi di trattamento: lo scopritore dell’arte omeopatica dichiara in maniera netta e precisa che la malattia acuta è completamente diversa da quella cronica: si tratta di due cose che non hanno nulla in comune: la patologia cronica non è la conseguenza di quella acuta: si tratta cioè di due entità completamente diverse, che nulla hanno in comune: in particolare la malattia cronica non ha alcun legame con quella acuta, ma presenta una storia a se stante e del tutto particolare: ha un inizio col contagio, una diffusione silente in tutto il nostro organismo durante il periodo prodromico, si manifesta in modo sfumato durante la fase di latenza o psora primaria e si aggrava lentamente, ma inesorabilmente col tempo fino ad arrivare ai quadri che troviamo nell’elenco della psora secondaria; un percorso simile, ma meno evidente, si riscontra anche nelle due altre malattie croniche: sicosi e sifilide, anche se in genere tali due miasmi si complicano, si lasciano invadere dalla madre di tutte le malattie, dal mostro a mille teste: la psora ovviamente, termine usato dagli antichi Greci e anche da Ippocrate per indicare lesioni della cute tipo eczemi, eritemi, ulcere e che è stato invece affiancato al termine scabbia dai successori di Hahnemann: ciò ha creato confusione ed ha anche contribuito alla non chiara comprensione dei miasma cronico più importante. Con estrema chiarezza il medico sassone, all’inizio del primo libro del Trattato delle malattie croniche chiarisce questa sua scoperta: “… quando si manifestavano nuovamente i sintomi che erano già presenti in precedenza, il medicamento, che era già servito una volta, non mostrava avere effetti della stessa intensità, i quali, in caso di somministrazione successiva, si riducevano ulteriormente. In seguito sopraggiungevano nuovi sintomi, insieme alla somministrazione dei farmaci omeopatici, anche quando i soggetti conducevano una vita irreprensibile: questi potevano essere debellati a fatica e spesso in modo incompleto a volte, addirittura, non si riusciva a produrre alcun miglioramento, nel caso in cui sopraggiungessero avvenimenti inaspettati dall’esterno, che ostacolavano il processo di guarigione.  […] Il paziente stesso, quando riusciva a sorvolare bonariamente, su manifestazioni di piccola entità della malattia, si riteneva guarito a sua volta; ma questo stato di tranquillità non era mai di lunga durata e il ritorno sempre più frequente del male rendeva privi di valore curativo anche i medicamenti omeopatici conosciuti fino ad allora, benché fossero scelti con accuratezza e dosati con estrema cura, fino a ridursi a deboli fonti di sollievo. Abitualmente, quindi, nonostante un primo successo nei confronti della malattia principale, rimanevano dei malesseri, che i molti medicamenti omeopatici, sperimentati fino a quel tempo, non riuscivano a ridurre e che a volte, poi, si moltiplicavano, assumendo delle forme preoccupanti, nonostante il paziente conducesse una vita irreprensibile e seguisse fedelmente le prescrizioni. La malattia cronica si lasciava arrestare solo superficialmente, nella sua corsa, dal medico omeopatico e progrediva, aggravandosi di anno in anno”. Il fondatore dell’arte omeopatica rivolge gran parte dei suoi studi e ricerche proprio sulla malattia cronica e dichiara che le malattie acute costituiscono un problema decisamente meno importante di quelle croniche: gli ultimi anni di vita vengono dedicati in pratica solo allo studio dei quadri cronici ovvero dei cosiddetti rimedi antipsorici che ritroviamo negli ultimi quattro libri del Trattato delle malattie Croniche.

Riprendendo il concetto a ritroso, parliamo di Psora secondaria in presenza di una malattia importante e ben definita, preceduta da un periodo di relativo benessere, caratterizzato da rari o lievi o trascurabili disturbi, quelli dell’elenco della Psora primaria: sono questi che il terapeuta deve tenere presente e ricercare all’anamnesi al fine di poter comprendere quando è veramente iniziata la malattia del paziente; è anche molto importante ricercare eventi scatenanti l’inizio della storia del malato in quanto tale: spesso il medico deve chiaramente chiedere al paziente dopo che cosa, dopo quale evento ha iniziato a soffrire di certi disturbi: spesso tanto tempo è passato, a volte i farmaci tradizionali allopatici hanno confuso il quadro clinico, i segni, i sintomi, le sensazioni del paziente: collegare gli ultimi sintomi ai primi non è facile, ma sempre c’è un filo conduttore, come già accennato; va anche preso in considerazione quel periodo di psora latente: un periodo relativamente tranquillo, caratterizzato da disturbi banali o di poco conto e spesso dimenticati, trascurati dal paziente, che quasi si era abituato ad essi: insomma un periodo di vita di apparente benessere: un periodo tranquillo che tuttavia costituisce l’anticamera della psora secondaria, ovvero della malattia vera e propria, dei disturbi che vengono chiamati con un nome ben preciso.

La psora, una volta presa dimora nel nostro organismo, se non viene debellata dai farmaci antipsorici si accresce in maniera inesorabile per il resto della vita: Hahnemann sottolinea con forza che nessuna costituzione robusta, nessuna condotta di vita salubre potrà contrastare o impedire l’evoluzione di questo mostro dalle mille teste; il medico tedesco scrive con forza; “La Psora è la malattia più antica, comune perniciosa. Eppure nello stesso tempo è la malattia cronica miasmatica più misconosciuta, che da molti millenni deturpa e tormenta i popoli; a partire dagli ultimi secoli, però, è divenuta la madre di tutte le migliaia di malattie sorprendentemente variegate, acute e croniche non veneree, dalle quali adesso l’umanità civilizzata viene afflitta, sempre più su tutta la terra. La Psora è la più antica malattia miasmatica cronica che conosciamo”.

Hahnemann in modo sempre molto preciso e accurato, chiarisce anche il significato dei cosiddetti disturbi provocati da un errato stile di vita, da lui definiti indisposizioni; non si tratta di disturbi psorici e pertanto vanno trattati non con farmaci antipsorici (quelli cronici che troviamo nel Trattato delle malattie Croniche) e nemmeno con farmaci apsorici (quelli ad azione acuta elencati nella Materia medica Pura), ma con una correzione dello stile di vita.

Quindi i 47 farmaci menzionati nel Trattato delle malattie Croniche vengono definiti antipsorici e sono quelli decisamente più importanti, più usati nella pratica quotidiana: tali rimedi antipsorici presentano tutta una serie di sintomi, che ritroviamo nei due elenchi di psora primaria e secondaria: questi 47 rimedi vanno distinti da quelli impiegati nella cura delle altre due malattie croniche, ovvero la sifilide o lue e la sicosi: alla sifilide corrisponde il Mercurio ed alla sicosi la Thuja.

Nella Materia medica Pura, invece troviamo farmaci chiamati apsorici, ovvero non psorici, ovvero adatti per situazioni non psoriche e quindi acute: si tratta di rimedi dotati di una azione molto più breve, rispetto a quella presente nei rimedi antipsorici. Questa lista di sessantaquattro farmaci viene anche definita come lista di farmaci intermedi, in quanto sono consigliati nelle fasi di riacutizzazione delle malattie croniche, sempre però alternati a rimedi antipsorici: l’esempio forse più famoso è quello dell’Aconitum che Hahnemann consiglia nei casi di strictum sanguignum che oggi potremmo definire di ipertensione arteriosa.

Occorre inoltre spiegare perché 17 rimedi sono presenti in entrambe le liste: si tratta di farmaci antipsorici, ovvero indicati nelle malattie croniche, che presentano anche un’azione acuta (come Sulphur e Arsenicum album).

 

+++  Il principio di similitudine

L’omeopata unicista deve continuamente attenersi al principio di similitudine; l’omeopatia può essere definita come un metodo basato sulla somministrazione, a dosi infinitesimali, di sostanze capaci di provocare, nell’uomo sano, delle manifestazioni simili ai sintomi presentati dall’individuo malato. Ogni sostanza, farmacologicamente attiva, determina nell’individuo sano e sensibile un insieme di sintomi e di segni, tipici della sostanza impiegata durante la sperimentazione nel paziente sano: l’insieme di questi sintomi raccolti in maniera accurata costituisce la patogenesi del rimedio. La somministrazione della sostanza a dosi infinitesimali, nel soggetto ammalato che presenta gli stessi sintomi ricavati, ottenuti cioè dalla sperimentazione sull’uomo sano, è capace d’indurre la guarigione del paziente stesso: è questa la legge di similitudine. L’omeopatia, dunque è l’applicazione clinica della legge dei simili e Hahnemann lo ripete spesso: nel terzo volume del Trattato delle Malattie Croniche, nella breve introduzione al rimedio Conium maculatum scrive: “L’omeopatia, per prima, ha dimostrato che, al fine di procedere in maniera utile con i farmaci eroici e poter guarire realmente, non si doveva aggredire, come era stato fatto fino ad ora, ogni malattia sconosciuta con dosi ripetute e quanto più possibili forti del farmaco, aggressivo e sconosciuto, ma dopo aver in precedenza sperimentato e studiato gli effetti peculiari di questo sull’uomo sano, il rimedio andrà utilizzato solo in quei casi di malattia, i cui sintomi hanno una forte somiglianza con quelli del farmaco, dopo averlo preparato in dosi esigue, ad alte ed altissime diluizioni e con un adeguato sviluppo di potenza”.

Nella Materia Medica Pura, nella introduzione al rimedio acuto Guaiacum, Hahnemann così scrive: “Il medico omeopata deve occuparsi solo della somiglianza dei sintomi della malattia stessa, da una  parte, con quelli del rimedio dall’altra”;  nella pagina  di introduzione  del rimedio Ferrum così il fondatore dell’arte omeopatica scrive: “Se il ferro possiede un potere medicinale, questo deve, per la stessa ragione, alterare la salute degli esseri umani e rendere malato il sano, e tanto più malato, quanto più potentemente curativo viene trovato nella malattia: nil prodest, quod non ledere possit idem (nulla giova se non crea allo stesso tempo un danno)”.

Nel paragrafo 24 dell’Organon Hahnemann, con altrettanta chiarezza, dichiara che solo il sistema omeopatico può promettere un aiuto contro le malattie e scrive: “Quindi non rimane altro modo di usare i farmaci, tale da promettere contro le malattie, che quello omeopatico, con il quale si cerca il farmaco che, tra tutti (per mezzo delle modificazioni conosciute e dimostrate sull’uomo sano), abbia la tendenza e la forza di indurre uno stato patologico artificiale il più possibile simile alla totalità dei sintomi della malattia presente, tenendo conto della causa scatenante, quando questa è nota.” Qui il fondatore dell’arte omeopatica introduce il concetto di fattore scatenante: si tratta di eventi, come un trauma fisico, un lutto, una malattia, una operazione chirurgica, una forte emozione, una notizia inaspettata, una delusione amorosa, un affare andato male, che possono portare alla luce un qualcosa che magari ancora non si era manifestato; in genere si tratta di situazioni inaspettate, improvvise, repentine, brusche, imprevedibili, che ci colgono di sorpresa, alle quali non sappiamo reagire, verso la quali non abbiamo una soluzione efficace: spesso proprio tali eventi consentono ad una malattia prima silente, in letargo, o di poco conto, alla quale magari un soggetto si era abituato, di esplodere, di creare grossi problemi.

Ancora nel paragrafo 70 dell’Organon definisce il metodo palliativo usato dalla medicina ufficiale, con il termine antipatico, in quanto induce così scrive “una mitigazione passeggera, ma mai la guarigione di un malessere di lunga durata; anzi, per lo più, si avrà un successivo peggioramento” e conclude tale paragrafo di nuovo esponendo il principio di similitudine: “È possibile soltanto un terzo modo di procedere (quello omeopatico), l’unico efficace, per mezzo del quale si utilizza un farmaco capace di suscitare (a dosi appropriate), in una persona sana, effetti quanto più possibile simili, alla totalità dei sintomi di una malattia naturale, affinchè questa sia superata di tono e cancellata, oltretutto in modo lieve, completo e duraturo, tanto che deve, per forza, smettere di esistere in questo, la natura ci precede con i suoi esempi: quando a una malattia se ne associa una nuova simile, quella vecchia è distrutta e guarita per sempre”.

Sempre Hahnemann nel paragrafo 147 dell’Organon ripete tali concetti: “Tra i farmaci in grado di indurre modificazioni sullo stato di salute dell’uomo, tramite la sperimentazione, quello che possiede la maggiore similitudine con la totalità dei sintomi di una malattia naturale data, sarà e dovrà essere quello più omeopaticamente adatto; in tale farmaco sarà trovato lo specifico di quel caso patologico”.

Nel terzo volume del Trattato delle malattie croniche, nella introduzione al rimedio Cuprum così scrive Hahnemann: “…per potere guarire realmente, non si doveva aggredire, come fatto finora, purtroppo, ogni malattia sconosciuta con dosi ripetute e quanto più possibile forti del farmaco, aggressivo e sconosciuto, ma dopo avere in precedenza sperimentato e studiato gli effetti peculiari di questo sull’uomo sano, il rimedio andrà utilizzato solo in quei casi di malattia i cui sintomi hanno una forte somiglianza con quelli del farmaco, dopo averlo preparato in dosi esigue, ad alte ed altissime diluizioni e con un adeguato sviluppo di potenza”.

 

+++ La forza vitale

 

Hahnemann ipotizzò la presenza nell’uomo, ma anche nel regno minerale e vegetale, della cosiddetta energia vitale, la quale rappresenta la somma delle forze vitali biologiche d’ogni cellula del nostro organismo: Hahnemann nel capitolo 34 dell’Organon definisce tale principio vitale istintivo come “incapace di alcuna riflessione o reminiscenza”: ovvero lo definisce incapace di riflettere e di ricordare. L’energia vitale racchiude l’insieme delle energie vitali delle cellule: tale principio vitale è il coordinatore di tutti i fenomeni che avvengono nel nostro organismo; ogni organismo possiede dentro di sé il potere di controllare la malattia. Gli antichi chiamavano questo fenomeno: Vis medicatrix naturae. Questa capacità varia in funzione della forza vitale dell’organismo. Come dice Sankaran, la malattia rappresenta un calo o uno squilibrio nella forza vitale della persona e i sintomi testimoniano una alterazione di questa forza. La medicina omeopatica non si propone di eliminare batteri, virus o altri agenti infettivi, quanto di riequilibrare la forza vitale della persona, facendo sì che recuperi la sua naturale capacità di autoguarigione. Oggi si preferisce parlare di “terreno”: è la palude che produce un ambiente pieno di zanzare, non sono le zanzare che creano la palude. La cosa più importante è avere un terreno pulito, che impedisca alle malattie di attecchire; occorre eliminare le cause che favoriscono l’insorgere delle malattie, rendere la vita difficile agli agenti patogeni, fortificare quelle strutture di difesa, che l’organismo stesso possiede; ovviamente, se una struttura, un organo, un enzima non ci sono, perché non funzionano più o perché sono stati portati via, non possiamo certo riportarli in vita e tanto meno rafforzarli o pulirli da eventuali incrostazioni.

È importante inoltre tenere presente tutti quei fattori di rischio, quei blocchi energetici, troppo spesso trascurati dalla medicina ufficiale, che ostacolano la guarigione delle malattie: l’inquinamento ambientale o da metalli pesanti o da agenti chimici e fisici, le geopatie, l’elettrosmog (il telefonino), l’abuso di farmaci e vaccini, le amalgame dentarie, le cicatrici chirurgiche, i ritmi di vita alterati che non rispettano l’equilibrio della persona, oltre ovviamente a tutti i fattori ansiogeni o depressivi.

Hahnemann ha introdotto un modello originale di sperimentazione in medicina. Attraverso la somministrazione ripetuta, ad un soggetto sano, di una sostanza farmacologicamente attiva, e inducendo la comparsa di sintomi e di segni a livello sensoriale, psichico e fisico riesce a scoprire, a tirare fuori le proprietà intrinseche della sostanza utilizzata; grazie alle sue sperimentazioni o proovings, Hahnemann ha fornito all’umanità nuovi strumenti di guarigione, ovvero i rimedi omeopatici. Tali sperimentazioni, eseguite sull’uomo e non sull’animale, come sottolineano gli omeopati, sono definite “patogenesi”. La conoscenza di queste è fondamentale, poiché, curare, in omeopatia, significa somministrare al soggetto malato quella particolare sostanza, che provoca nel soggetto sano una sindrome simile. Forse l’aspetto più importante dell’arte omeopatica è dato dall’approccio al malato, che sarà globale e personalizzato: è molto importante individuare le caratteristiche reattive, proprie di ogni singolo paziente, le tendenze morbose, lo psichismo e le modalità di aggravamento o miglioramento, al fine di giungere alla scelta del rimedio giusto, ovvero simile, secondo sempre la legge di similitudine: non è facile trovare un farmaco “fotocopia”, o meglio simile, nel quale la somiglianza tra i segni e sintomi del nostro paziente, presente in ambulatorio, corrispondano perfettamente a quelli presenti nella patogenesi del rimedio. Compito del medico omeopata è quindi la cosiddetta “repertorizzazione”, ovvero la raccolta di tutti i sintomi sia fisici che mentali presentati dal malato e la loro gerarchizzazione in ordine di importanza: lo scopo finale è sempre quello di arrivare al rimedio che più si avvicina a quel tipo di paziente. Per fare ciò il terapeuta dovrà conoscere la patogenesi dei rimedi, ovvero l’elenco dei sintomi fisici e mentali che si osservano durante la sperimentazione nell’uomo sano. A questo punto diventa facile comprendere che in omeopatia il terapeuta cura la malattia e non il paziente; non esistono specializzazioni, come nella medicina convenzionale, ma si tende a considerare la persona che ricorre alle cure omeopatiche come un individuo unico, un’opera d’arte unica e irripetibile. Occorrono cure strettamente personalizzate, non terapie standard: ogni sintomo, anche il più piccolo disturbo è in relazione con gli altri; non esiste un esame ematochimico alterato, un organo affaticato, una macchia cutanea, una nausea, una emozione, un sintomo qualunque, che non abbia alcun nesso con tutto il quadro clinico del paziente; tutto è strettamente collegato, ma non è sempre facile per il terapeuta trovare un rapporto di causalità fra un evento e un altro, magari distanti tra loro.

 

 

  ++++   Miasmi

 

SICOSI

Detta anche malattia dei condilomi, si tratta di una malattia infettiva cronica, dovuta ad un agente infettivo ed ha in Thuja il suo rimedio specifico, al quale spesso va alternato Nitricum acidum nei casi complessi. È la malattia che ha dato origine al minor numero di malattie croniche e quindi è più rara di sifilide e Psora.

I condilomi, ai tempi di Hahnemann, venivano considerati malattie impure legate all’aria cattiva e conseguenti alla sifilide; tali escrescenze condilomatose, che compaiono sui genitali esterni, si manifestano parecchi giorni dopo il contagio che avviene attraverso il coito, a volte anche dopo moltissime settimane; assumono la forma di cresta di gallo o di cavolfiore e si manifestano in genere in forma morbida e spugnosa, raramente in maniera asciutta; trasudano un fluido maleodorante, dolciastro, quasi simile ad aringhe in salamoia e sanguinano debolmente; quando vengono trattate dai medici allopatici con metodi violenti, ovvero con escissioni o legature, ovvero quando si applica nei loro confronti un trattamento soppressivo, la naturale conseguenza è la loro ricomparsa: pertanto una loro recidiva o ricomparsa comporta ulteriori trattamenti dolorosi e orribili dice Hahnemann, anche questi assolutamente privi di risultati; in casi più rari, tali trattamenti soppressivi comportano la scomparsa delle escrescenze: il paziente non deve gioire di ciò, perché tale evenienza è nefasta, negativa: la malattia del condiloma, dopo essere stata privata del suo sintomo locale, ovvero della escrescenza, rimossa dal chirurgo torna a manifestarsi in altri modi, decisamente peggiori del condiloma: ovvero, dopo il contagio, avvenuto per cause sessuali, la malattia si distribuisce all’interno di tutto l’organismo: poi l’organismo stesso decide, come soluzione migliore possibile, di portare all’esterno tale infezione interna: una volta entrata dentro il nostro corpo attraverso un contagio, l’infezione prende possesso di tutto il corpo, ma solo dopo avere invaso tutto, l’organismo decide di creare all’esterno tale lesione condilomatosa: si tratta della soluzione migliore decisa dai sistemi di difesa del nostro corpo: in pratica viene attivato un programma che rappresenta un tentativo di difesa, contro l’insulto rappresentato dal batterio o virus che è entrato dentro in seguito ad un contatto; non va mai dimenticato che le infezioni della cute sono più facilmente controllabili, diremo più semplici da gestire rispetto a tutti gli altri organi o tessuti da parte dei nostri sistemi di difesa: non a caso, nei bimbi, le malattie esantematiche, le cosiddette malattie dei bambini compaiono in genere sulla pelle.

Tornando al condiloma, che sta al centro del miasma sicotico, la rimozione di tale escrescenza non fa altro che riportare la malattia all’interno dell’organismo, da cui poi si diffonderà in organi più nobili della cute: sappiamo che più un organo viene definito nobile più una sua alterazione o infezione comporterà problemi importanti per la salute in generale. Spesso la complicanza cronica, a lunga distanza, più frequente della sicosi risiede nell’accorciamento dei tendini dei muscoli preposti alla flessione delle dita della mano.

Il trattamento del miasma sicotico è semplice: Thuja, a cui va aggiunto in casi particolare Acidum nitricum.

Pertanto i tre miasmi Sicosi, Psora e Sifilide si evidenziano all’inizio come malattie della pelle e poi evolvono lentamente, ma in maniera progressiva, ineluttabile ed inesorabile fino all’exitus.

Hahnemann si accorge che spesso al miasma sicotico si sovrappone quello sifilitico e anche quello psorico: si tratta di casi difficili da curare: in tali casi l’attenzione del medico va rivolta verso la malattia cronica peggiore di tutte e tre ovvero la psora, poi le cure saranno rivolte contro la sicosi ed infine contro la sifilide.

Al termine delle poche pagine dedicate alla sicosi nel Trattato delle malattie croniche Hahnemann scrive un qualcosa che ha sorpreso non pochi omeopati: infatti uno dei cardini dell’omeopatia unicista è l’uso di granuli disciolti in acqua e il divieto di ogni altra forma di assunzione dei rimedi omeopatici attraverso creme, supposte, lozioni, inalazioni ecc; quì il medico tedesco consiglia l’uso topico di Thuja sulle escrescenze condiloma tose: ovvero, e questo lascia un poco sorpresi, dice di applicare sul condiloma direttamente tale succo di Thuja, ma solo nei casi più vecchi ed inveterati.

 

SIFILIDE

Per Hahnemann la sifilide è la malattia legata all’ulcera venerea ed al bubbone inguinale ed ha come rimedio specifico il Mercurio, il quale diviene quindi il rimedio di tutti i disturbi legati alla sifilide, come ad esempio la sindrome da anticorpi antifosfolipidi; la guarigione dovrà avvenire, sempre grazie al rimedio Mercurius solubilis, con la totale scomparsa addirittura del colorito innaturale della pelle, che ha ricoperto l’ulcera: ciò testimonia la totale, completa guarigione della malattia, ovvero l’estirpazione sia del male interno che di quello esterno. Nel Trattato delle Malattie Croniche il miasma sifilitico si ritrova dopo la sicosi perché è più frequente della sicosi e prima della psora, la madre di tute le malattie: la sifilide e in misura minore la sicosi sono responsabili di un numero decisamente basso di malattie croniche: infatti il miasma psorico costituisce la malattia cronica nettamente più frequente al mondo, in quanto è responsabile di circa i 7\8 di tutte le malattie croniche. Quindi la sifilide è facile da curare scrive Hahnemann: solo quando è associata alla psora diventa una malattia difficile da trattare, in quanto prima va curato il miasma psorico poi quello sifilitico; nei rari casi in cui si associa alla sicosi, ciò è dovuto alla presenza sottostante sempre e ovviamente della psora. È proprio il gonfiore alle ghiandole inguinali il sintomo fondamentale di Mercurius, il quale agisce sulle conseguenze cliniche dell’infezione da Treponema pallidum, l’agente responsabile della sifilide; tale agente patogeno è in grado di indurre, dopo un contatto, un contagio con un paziente infetto e dopo un periodo di incubazione una sintomatologia caratteristica, ovvero l’ulcera venerea. Il fondatore dell’omeopatia fu un grande studioso del Mercurio che ancora adesso viene in suo onore chiamato mercurius hahemanniani; egli utilizzò il modello di cura della sifilide in tutte le altre malattie croniche. Ancora in giovane età si era accorto che estirpando la malattia locale poi si ripresentava una malattia più grave in quella stessa sede o in altre sedi: questo concetto rivoluzionario si era fatto strada nella sua mente e poi sarebbe diventato un pilastro della dottrina omeopatica, grazie ai suoi numerosi studi sulla sifilide: l’ulcera venerea sifilitica trattata dal chirurgo, ovvero estirpata o bruciata poi col tempo generava numerose malattie. Ancora oggi, per la medicina ufficiale, la malattia è qualcosa da aggredire immediatamente; per Hahnemann invece è qualcosa che ha attraversato l’intero organismo, lo ha totalmente invaso e poi ha scelto di sviluppare tale ulcera: tale lesione, così come il condiloma nella sicosi e l’eczema nella psora, costituisce la soluzione migliore posseduta dall’organismo per risolvere quella infiammazione cronica, che purtroppo, in seguito ad un contagio, è penetrata ed ha invaso tutto l’organismo; tale lesione che noi vediamo sulla pelle, ovvero in superficie, rappresenta la soluzione migliore, probabilmente quella meno costosa, più redditizia, più vantaggiosa che il sistema ha adottato per risolvere quel problema: la soppressione poi di tale lesione di superficie o della pelle comporta la perdita di una valvola di sfogo importante: la soppressione di tale ulcera, o eczema o condiloma, con pomate, lozioni o escissioni chirurgiche annulla il tentativo messo in atto dal sistema di difesa dell’uomo per cercare una soluzione del problema: una volta che il nemico, ovvero un virus, un batterio o altro entrano dentro il nostro corpo, i sistemi di difesa, prima di tutto devono vedere tale estraneo, che cerca di nascondersi; poi devono capire se tale intruso è forte o debole e quindi preparare una strategia di attacco non troppo costosa e nemmeno troppo dispendiosa per distruggerlo; come risultato minimo devono rendere il nemico meno invasivo; possiamo dire che vengono a patti con l’agente patogeno, spesso perché non possono far altro: a questo punto le cellule del sistema immunitario, ma non solo loro, attivano quel programma di difesa presente nel loro archivio al fine di eliminare il nemico: si tratta di una strategia, scelta dalle nostre sentinelle, semplicemente perché in passato si è rivelata la più efficace, ma anche la più redditizia e la meno dispendiosa sempre per sconfiggere l’invasore: in realtà dobbiamo difenderci dai batteri o virus o inquinanti fisici, chimici, ambientali, elettromagnetici soprattutto per mantenere la nostra identità, la nostra memoria, le nostre caratteristiche individuali.

Tale programma di difesa, si chiama condiloma, ulcera, eczema: va sempre ricordato che compaiono tali lesioni sempre e dopo che un agente nocivo ha invaso tutto il nostro corpo: la logica conseguenza, dice, anzi urla Hahnemann, è che la lesione non è mai locale, ma è stata localizzata in un punto preciso; la malattia infatti è sempre interna, mai esterna e quello che si vede all’esterno è solo un riflesso, una immagine di ciò che succede dentro il nostro corpo; un soggetto forte, in buona salute sarà capace di tirare fuori più programmi, più tecniche o strategie di difesa capaci di distruggere il nemico: vediamo nel bimbo in buona salute una febbre elevata che in breve tempo si risolve: i pediatri di un tempo le definivano “febbri da crescita”, che rendevano poi il bambino più sano e più forte. Al contrario un paziente debole, stanco, debilitato riuscirà ad attivare o a mettere in atto, contro il nemico pochi programmi, ovvero strategie più rivolte alla difesa che all’attacco debole: preferirà in genere difendersi, più che passare al contrattacco, come fa il giovane: a differenza del sano, scenderà a patti col nemico, sceglierà dei compromessi pur di sopravvivere, pur cioè di mantenere la propria identità.

Tornando alla sifilide, Hahnemann rivolge dure critiche ai medici del tempo, abbagliati li definisce, con occhi e orecchie chiuse davanti alla verità: a gran voce li ammonisce perché perseverano nell’errore imperdonabile di sopprimere, eliminare l’ulcera venerea, quella cioè esterna, che vediamo sui genitali stessi: non comprendono che la malattia venerea nel suo insieme, ovvero la sifilide, si è già formata completamente all’interno dell’organismo, lo ha invaso da cima a fondo, esattamente prima che compaia quella lesione ulcerosa sulla cute o sulle mucose dei genitali: eliminando quella manifestazione esterna della malattia l’organismo non ha più nessuna possibilità di difendersi dall’attacco del miasma sifilitico; il medico accademico considera quella ulcera, come un qualcosa di locale, che cioè si trova in quella sede e basta, come se solo quella zona di cute fosse a conoscenza di tale lesione e non tutto il resto dell’organismo: quindi eliminando qualcosa che è presente solo in quella sede ritiene di avere risolto il problema: non sa che quell’ulcera è la conseguenza di un contagio, cui segue una diffusione della malattia in tutto l’organismo: prima quindi la malattia prende possesso dell’intero organismo e solo dopo che il corpo ha preso piena coscienza di tale malattia cronica, solo allora compare la lesione sulla pelle; una volta soppressa la lesione esterna, i sintomi della sifilide compaiono in altri modi, in altre sedi, ma in forma decisamente più gravi: si ha come una esplosione della sifilide in tutta la sua potenza, urla a gran voce Hahnemann: “la guarigione della malattia interna si verifica con più certezza e in maniera più convincente, solo quando l’ulcera venerea (o il bubbone) è ancora presente, immutata nel ruolo di supplente del male interno”, e aggiunge: “ogni qualvolta si è così incoscienti da distruggere questo sintomo supplente, l’organismo si trova pronto a far erompere la malattia venerea sotto forma di sifilide, in quanto, già dal primo contagio, essa abita all’interno del corpo. …grazie al mercurio il sifiloma venereo diventa spontaneamente, senza apporvi nulla dall’esterno, una ulcera pulita, con poco pus benigno, che guarisce spontaneamente, a testimonianza, che anche il male venereo è stato debellato completamente dall’interno, senza che rimangano cicatrici e senza lasciare un segno”. Hahnemann continua scrivendo che la guarigione deve essere totale, semplicemente perché non si può guarire solo una parte del corpo: la guarigione deve essere così definitiva e radicale che anche una colorazione bluastra o rossastra della cute che ha ricoperto l’ulcera venerea deve scomparire; aggiunge che è veramente facile, tramite il Mercurius curare tale malattia cronica; tuttavia, come nel caso della sicosi, una psora sottostante complica tale quadro, lo rende terribilmente complicato.

Terminati i brevi capitoli di sicosi e sifilide il fondatore dell’omeopatia si addentra nel “mare magnum”, nel pensiero fisso, nella ossessione di tutti gli omeopati: la psora.

 

PSORA

Costituisce la malattia cronica decisamente più importante e più frequente: Hahnemann la definisce la madre di tutte le malattie e ne parla diffusamente nel trattato delle Malattie Croniche: dedica alla psora molte più pagine rispetto alla sicosi e alla sifilide e sia l’inchiostro che la carta a quei tempi costavano: la definisce: “un miasma cronico dal carattere proprio e particolare, il quale già da migliaia di anni, ha attraversato i vari organismi umani, arricchendosi, così, di una moltitudine di sintomi di diverso tipo e si è potuto rivelare con una grande quantità di forme divergenti, nella sua manifestazione, a seconda delle caratteristiche corporee, dei luoghi di residenza e delle loro caratteristiche climatiche, della educazione, abitudini, occupazioni, modo di vivere, dieta e altre relazioni somatiche e psichiche”. Si tratta di una malattia cronica, persistente, evolutiva, su base infettiva: non si acquisisce la psora se non si viene infettati dalla malattia psorica stessa, che va considerata come la malattia cronica più antica, più perniciosa, più multiforme.

La psora presenta varie fasi: una fase prodromica iniziale, una fase acuta, una fase di quiescenza, di apparente silenzio a cui seguirà un periodo intermedio fatto di sintomi sfumati, aspecifici, ovvero quelli della psora primaria; solo quando si entra nella psora secondaria, a causa di eventi stressanti, il quadro clinico diventa evidente. La psora primaria, nota anche col nome di psora latente, presenta sessanta sintomi, ben descritti da Hahnemann: il paziente non ha una ben chiara consapevolezza di questi sintomi di psora primaria, sottolinea Hahnemann, il quale aggiunge che il malato li racconterà solo se qualcuno glieli chiederà. L’elenco della psora primaria segue una logica strana. Hahnemann mette i 1678 sintomi di Calcarea carbonica in un ordine perfetto e altrettanto fa con i 468 sintomi della psora secondaria, ma l’ordine dei 60 sintomi di psora latente segue ordine diverso: il motivo ancora non è chiaro: forse, il grande Maestro, desiderava che i suoi successori li studiassero e li imparassero in quel modo.

Hahnemann comprende che tutte le malattie croniche rappresentavano gli eventi successivi ad un episodio di eczema e definisce questa sua illuminazione il frutto di una ricerca seria, scrupolosa e progressiva nel tempo. Comprende che l’agente infettante trova il suo punto d’ingresso in un’area ricca di nervi e dopo essere entrato dentro l’organismo non c’è più nulla da fare: l’infezione non si può più sconfiggere, non serve a nulla a quel punto disinfettare o medicare o pulire tale area: l’agente è entrato dentro e lentamente prende possesso di tutto l’organismo, si diffonde ovunque: poi Hahnemann sottolinea con forza un concetto molto interessante, una sua intuizione che stupisce ancora di più oggi, alla luce delle conoscenze scientifiche odierne: la malattia si diffonde attraverso le strutture nervose, lungo cioè i nervi: tale contatto col sistema nervoso consente all’agente infettante di invadere tutto l’organismo: questo fase prende il nome di periodo prodromico.

Completata l’invasione di tutto l’organismo, come abbiamo visto per sicosi e sifilide, l’organismo sviluppa all’esterno, in una zona meno nobile del corpo, una lesione che, nel caso della psora, si tratta di un eczema: si tratta di una piccola vescicola, che si riempie di un liquido bianco e poi giallastro, diviene quindi una bolla pruriginosa, di un prurito voluttuoso, ovvero il grattamento genera una sensazione piacevole: si tratta di un prurito più fastidioso di notte e dopo un bagno con acqua calda, ma dopo il grattamento il sollievo è di breve durata ed è seguito da bruciore; quindi la bolla si rompe e la lesione si riempie di croste: tale lesione eczematosa, nota col nome di psora acuta, può essere facilmente trattata con un semplice granulo di Sulfur, che porterà alla guarigione completa.

Hahnemann, che aveva seguito generazioni e generazioni di pazienti, annuncia al mondo con grande fermezza queste sue scoperte: “ Per contagiarsi, con una delle tre malattie croniche miasmatiche conosciute, basta un attimo, ma lo sviluppo di queste malattie, all’interno dell’organismo, necessita di un certo lasso di tempo. Solo allora, dopo molti giorni, quando la malattia miasmatica ha raggiunto il suo completo sviluppo all’interno dell’organismo, solo allora, dalla pienezza del male interno, prorompe il sintomo locale, imposto dalla natura benevola, per prendere in un certo senso su di sé, la malattia interna e quindi deviarla in modo palliativo e renderla più mite; l’economia della vita, infatti, non è influenzata troppo, e messa in pericolo, fino a quando il sintomo locale si trova in una parte, che per il corpo, non è pericolosa, ossia sul punto della cute, dove il miasma, durante il contagio, aveva toccato i nervi più vicini”. Per Hahnemann l’eczema, come l’ulcera venerea nella sifilide o i condilomi nella sicosi costituiscono la “necessaria conseguenza della malattia interna” e questa costituisce una delle colonne portanti della dottrina omeopatica unicista; lo scopritore della omeopatia a questo punto si scaglia contro i medici della vecchia scuola e li definisce irragionevoli, sconsiderati e imperdonabili perché hanno considerato tale eczema semplicemente come una malattia della pelle, un qualcosa di locale e basta, senza cioè alcun rapporto con la malattia interna e quindi lo hanno soppresso con ogni mezzo: la terapia giusta è quella basata sui 48 rimedi, che troviamo negli ultimi quattro dei cinque volumi, che costituiscono il Trattato delle malattie Croniche, rimedi definiti appunto antipsorici, perché hanno lo scopo di curare la psora.

 

+++++ nascita ed evoluzione di tutte le malattie

Hahnemann era un acuto e finissimo osservatore: a quel tempo non era possibile fare esami, diciamo diagnostici, ovvero per potere capire, comprendere, rendere più chiaro il quadro clinico come oggi, semplicemente perché non c’erano; pertanto i segni, i sintomi, le sensazioni, raccontati dal paziente, ovvero tutto ciò che era visibile o percepibile con i sensi, ovvero rumori, odori, sapori costituivano gli unici dati a disposizione del medico: la famosa anamnesi, ovvero l’interrogatorio del paziente, eseguito dal terapeuta rappresentavano le uniche armi a disposizione del medico per arrivare ad una diagnosi, ovvero per comprendere la gravità o meno della malattia: non sono queste ovvie osservazioni o disquisizioni per un motivo che io stesso dopo anni di attività medica vorrei evidenziare: dopo un uso notevole, forse esagerato, degli esami del sangue e radiologici, verso la fine del secolo ventesimo, attualmente si sta rivalutando il ruolo del colloquio paziente medico, proprio come avveniva ai tempi di Hahnemann; non solo è meglio prevenire che curare, ma è consigliabile dare più valore ai sintomi, alle sensazioni del paziente che possono fornire moltissime informazioni, come ci insegna l’omeopatia: il fondatore della omeopatia ha fornito un elenco di sintomi ben precisi, con un ordine di insorgenza molto chiari e netti, che non lasciano dubbi, che tutti i medici dovrebbero tenere nella loro scrivania, nel loro computer ben visibili; ci ha fornito i sintomi con cui tutte le malattie iniziano e poi evolvono; ci ha regalato questo elenco di sintomi, molto preciso ed accurato per farci comprendere che attraverso di essi la malattia evolve: il messaggio è chiaro: tutte le malattie hanno come fondamento, come base, questo gruppo di sintomi che pertanto costituiscono il nucleo fondamentale di tutti i nostri disturbi: in pratica tutte le malattie nascono in modo uguale, almeno nel loro inizio, ovvero manifestano, nella loro fase iniziale, sintomi, sensazioni, manifestazioni cliniche nette, precise: si tratta di disturbi che spesso sono trascurati dal soggetto stesso, considerati banali, di poca importanza; spesso il paziente si abitua ad essi, li ritiene non degni di nota; invece, tali 60 sintomi di psora primaria costituiscono la base, il nucleo, il centro, il cuore della malattia cronica nettamente più importante e più frequente al mondo, la psora; possiamo definirli come le fondamenta delle nostre malattie, la base dell’iceberg: a volte vediamo solo la punta dell’iceberg e non sappiamo quanto sia grande la base dell’iceberg stesso; a volte non vediamo nemmeno la punta dell’iceberg e quindi nemmeno abbiamo il sospetto che ci possa essere qualcosa sotto: sono questi i 60 sintomi di psora primaria, un elenco che Hahnemann ci fornisce nel primo libro del Trattato delle Malattie Croniche; a tale elenco numerato ne segue un altro molto più ampio e complesso, di oltre 400 sintomi: l’elenco dei sintomi della cosiddetta psora secondaria, ovvero di malattie diciamo già molto più gravi.

Si tratta poi di quei sintomi che Hahnemann stesso evidenzia, sottolinea, scrive in maniera che siano più visibili per il lettore quando espone i suoi rimedi; io stesso mi sono impegnato a mettere in luce, a sottolineare, a enfatizzare tali sintomi di psora primaria e secondaria, quando racconto o parlo di un rimedio omeopatico.

In particolare l’omeopata ha il compito di collegare, unire, trovare il filo conduttore che unisce gli ultimi sintomi di un soggetto, quelli che in genere il paziente ben ricorda e per i quali si rivolge ad un professionista, con quelli di un tempo o iniziali, spesso dimenticati perché tanto tempo è passato: tutto ciò che si manifesta nel nostro organismo non avviene per caso; in particolare ogni manifestazione è strettamente collegata alle altre: compito del terapeuta è trovare il nesso causale, la strada maestra che unisca tutti gli eventi fisici, psichici che hanno caratterizzato la storia di quel soggetto: l’organismo non butta via niente, mantiene nella sua memoria il ricordo di tutto quello che è accaduto alla persona; ogni evento è strettamente collegato all’altro e occorre valutare tutto l’insieme del paziente: spesso certi eventi, certi disturbi della persona sembrano isolati, lontani da altri eventi, slegati, senza nessun rapporto di causa effetto: è importante invece analizzarli alla luce del fatto che ogni paziente ha certamente una sua storia particolare, precisa, peculiare, unica, proprio come gli artisti definiscono una opera d’arte: unica e irripetibile: tuttavia c’è sempre un filo conduttore che collega tutti gli eventi che il nostro paziente ci racconta.

Ed ecco quindi tale elenco dei sintomi della psora primaria: in pratica è così che iniziamo ad invecchiarci, ma tale affermazione compresa alla luce di una semplice constatazione: è il primo anno di vita quello che registra i più importanti ed eclatanti segni o indici di invecchiamento: è il bambino di un anno quello che invecchia di più e poi col passare del tempo, per fortuna, tendiamo ad invecchiare molto meno: questa è fisiologia pura.

 

1)       Soprattutto nei bambini espulsione frequente di ascaridi e altri vermi, con prurito insopportabile nell’ultimo tratto dell’intestino.

2)       Addome gonfio frequentemente.

3)       A tratti fame insaziabile, a tratti invece mancanza di appetito.

4)       Pallore del volto e scarso tono muscolare.

5)       Frequente infiammazione degli occhi.

6)       Gonfiore delle ghiandole cervicali (scrofula).

7)       Sudorazione della testa la sera, dopo essersi addormentati.

   Epistassi frequente in bambine e bambini (più raramente in quelli più grandi), spesso molto intense.

9)       Mani di solito fredde o sudore sui palmi (bruciore all’interno delle mani).

10)          Piedi freddi e asciutti, o che sudano e sono maleodoranti (bruciore alle piante dei piedi).

11)          Per occasioni di poco conto, intorpidimento delle mani e dei piedi, delle braccia e delle gambe.

12)          Crampi al polpaccio (o nei muscoli delle gambe o delle braccia).

13)          Tremori senza dolore, a singole parti del muscolo in questa o quella parte del corpo.

14)          Raffreddore cronico, o raffreddore continuo, o catarro (non appartengono a questa categoria le febbri da raffreddamento e i catarri, che colpiscono in maniera epidemica anche le persone più sane (grippe, influenza).

15)          Ostruzione di una o entrambe le narici, che dura a lungo.

16)          Ulcerazioni delle narici (naso dolente).

17)          Sensazione di fastidiosa secchezza nel naso.

18)          Infiammazione frequente alla gola, frequente raucedine.

19)          Tosse mattutina di breve durata.

20)          Frequenti attacchi di asma.

21)          Facilità a raffreddarsi (a volte in tutto il corpo, a volte solo sulla testa, sul collo, sul petto, nel basso ventre, ai piedi, per esempio in caso di esposizione a correnti d’aria)

 

persone che non sono psoriche, in caso di esposizione a correnti d’aria, anche quando queste disturbano, non soffrono di raffreddamenti o complicazioni

22)          Tendenza agli stiramenti, che si manifestano col sollevamento di un peso anche leggero, anche quando ci si allunga o si sollevano le braccia, per prendere oggetti che si trovano in alto (i dolori che conseguono ad una tensione muscolare provocano cefalea, nausea, diminuzione del tono muscolare, tensione dolorosa alla nuca e alla schiena, etc).

23)          Emicrania frequente o mal di denti, già in presenza di piccoli disturbi dell’animo.

24)          Frequente sensazione di calore al viso, accompagnata da arrossamento e, non di rado, anche da un certo grado di paura.

25)          Frequente caduta dei capelli, secchezza dei capelli, abbondante presenza di forfora sulla cute.

26)          Tendenza all’erisipela, ogni tanto.

27)          Amenorrea, mestruazioni irregolari, troppo abbondanti o troppo scarse, che si presentano in anticipo o in ritardo, che durano a lungo, troppo acquose, collegate a disturbi fisici.

28)          Sussulti degli arti quando ci si addormenta.

29)          Sonnolenza, non appena ci si sveglia la mattina, sonno non ristoratore.

30)          Sudorazione al mattino presto, prima di alzarsi.

31)          Tendenza alla sudorazione durante il giorno, anche per piccoli movimenti (o impossibilità a sudare).

32)          Lingua bianca o pallidissima, più spesso screpolata.

33)          Forte presenza di muco in laringe.

34)          Alito maleodorante, spesso quasi costantemente, soprattutto la mattina presto o durante le regole che viene percepito insipido, o acido o come se ci fosse acidità di stomaco, o che sa di muffa o di marcio.

35)          Sapore acido in bocca.

36)          Nausea mattutina.

37)          Senso di vuoto allo stomaco.

38)          Rifiuto dei cibi cotti e caldi, soprattutto carne (di preferenza nei bambini).

39)          Rifiuto di bere latte.

40)          Senso di secchezza in bocca, la mattina o durante la notte.

41)          Dolore addominali taglienti, frequenti, anche quotidiani (soprattutto in bambini), di norma la mattina presto.

42)          Costipazione, che si estende per parecchi giorni, spesso con presenza concomitante di muco (o, più spesso, evacuazione di feci molli a tipo diarroico).

43)          Emorroidi, presenza di sangue nelle feci.

44)          Fuoriuscita di muco dall’ano, con o senza feci.

45)          Prurito nella regione anale.

46)          Urina scura.

47)          Vene gonfie e dilatate alle gambe (vene varicose).

48)          Geloni e dolore dovuto ai geloni, al di fuori della stagione rigida invernale, anche in estate.

49)          Dolore come calli, anche senza pressioni dovute alle calzature.

50)          Facilità a distorsioni e lussazioni, di questa o quella articolazione.

51)          Scricchiolii di una o più articolazioni, durante i movimenti.

52)          Dolori di tipo tensivo e tirante alla nuca, alla schiena e agli arti, soprattutto ai denti (se il tempo è umido o tempestoso, quando il vento soffia dal nord-ovest o dal nord-est, dopo raffreddamenti, movimenti errati, passioni spiacevoli ecc.).

53)          Ritorno dei dolori o dei disturbi durante il riposo, che svaniscono durante il movimento.

54)          La maggior parte dei malesseri si presenta di notte e si rinnova o si aggrava quando i livelli barometrici sono bassi, quando il vento soffia da nord o da nord-ovest, in inverno e nel periodo che porta alla primavera.

55)          Sogni irrequieti, paurosi o comunque troppo vivaci.

56)          Pelle con difficoltà di cicatrizzazione; ogni piccola ferita va in suppurazione; pelle delle mani o delle labbra che si screpolano facilmente.

57)          Frequenti ulcere sanguinanti, frequenti tumefazioni alle unghie (paterecci).

58)          Pelle secca nella zona delle articolazioni, nella parte superiore delle braccia, alle cosce, a volte anche sulle guance.

59)          Qua e là, una zona cutanea ruvida che si squama e procura dapprima prurito e poi, dopo aver grattato, bruciore.

60)          Sporadica presenza di vescicole che prudono in modo insopportabile, con presenza di pus sulla punta e che, dopo averle grattate procurano bruciore, su un dito, alla base della mano o da qualsiasi altre parti.

Anche con la presenza di uno o più di questi sintomi (spesso e sempre più spesso) l’essere umano si ritiene sano e anche gli altri lo ritengono tale. Può condurre ancora, per molti anni, una vita sopportabile e attendere alle sue attività abituali, fino a quando è giovane e nel pieno della forza e non deve sopportare alcuna avversità particolare dall’esterno, quando ha entrate sufficienti e non vive in stato di preoccupazione o rabbia, non si sforza più di quanto potrebbe e di norma è di temperamento sereno, tranquillo, paziente e soddisfatto.

La psora, dunque, che si rende riconoscibile, a chi se ne intende, con alcuni o molti dei sintomi citati, può sonnecchiare per molti anni, all’interno dell’organismo, senza che l’individuo sia colpito dalla malattia cronica.

Ma anche quando le condizioni esterne sono buone, alcuni fattori esterni, anche se di piccola entità (un’arrabbiatura lieve, un raffreddore, un errore nella dieta, ecc.) possono portare ad un attacco massiccio da parte della malattia (anche si di breve durata), soprattutto quando si raggiunge una certa età… Ciò si verifica, di norma, in autunno e in inverno, spesso anche in primavera.

 

Tale elenco dei 60 sintomi di psora primaria ci fa capire tante cose: non è un elenco banale di sintomi, ma anzi ogni volta che uno lo legge nota spunti nuovi, dettagli che sembravano ovvi, ma che in realtà nascondono una saggezza profonda. Per la prima volta nella storia della medicina un uomo, un medico ci dice come nascono e come evolvono le malattie: Hahnemann, il fondatore della omeopatia ci dice, anzi ci urla che tutte le malattie nascono ed avanzano in quella maniera, dopo una infezione acuta, chiamata psora acuta: l’inizio quindi di tutte le malattie avviene così: in un punto ben preciso del corpo entra un batterio che è lo Streptococco probabilmente o un batterio della famiglia degli Streptococchi o Stafilococchi; poi tale agente infettivo si diffonde attraverso i nervi in tutto il corpo; a questo punto interviene l’organismo il quale per poter eliminare il peso di tale infiammazione decide la cosa più giusta, più ragionevole, meno faticosa e meno dispendiosa da fare: sposta la malattia interna che ha invaso tutto l’organismo verso l’esterno: indirizza tale infezione nella sede più innocua possibile e meno fonte di danni: ovvero la cute; pertanto dopo un periodo di incubazione, asintomatico, ovvero privo di sintomi o disturbi di qualsiasi genere, caratterizzato dalla diffusione della malattia in tutto l’organismo, insorge la cosiddetta psora acuta: si tratta di un eczema (un condiloma nei rari casi di sicosi o una ulcera venerea se la malattia cronica è la sifilide), una macchia rossa molto pruriginosa, ma con caratteristiche ben precise: il prurito è voluttuoso, cioè un paziente prova un certo piacere quando si gratta, anzi non riesce a non grattarsi; inoltre tale grattamento, se intenso, scatena bruciore; il prurito peggiora dopo una bagno o una doccia dopo cioè il contatto con acqua fredda e compare contemporaneamente uno stato che ricorda quello dell’influenza ovvero febbre bassa, brividi, sudorazione, malessere generale, sensazione di ossa rotte, stanchezza: si tratta di sintomi banali che il paziente spesso trascura, non ci fa caso insomma. Sulla macchia rossa compaiono delle vescicole che prima si riempiono di un liquido chiaro e poi giallastro e quindi si rompono, lasciando fuoriuscire tale secrezione e poi ne consegue una crosta. Sulfur è il rimedio omeopatico di tale fase: solo un granello di tale rimedio può impedire alla psora, a questa diciamo infezione da Streptococco di diffondersi ulteriormente, di avanzare: la peculiarità di tale psora acuta è data dal fatto che è difficilissimo vedere e diagnosticare questa prima, ma veramente prima malattia che tutti hanno avuto, ma che pochi ricordano. Pertanto dopo l’entrata del batterio attraverso il punto debole, ovvero un nervo scoperto, abbiamo la diffusione dentro tutto il corpo del paziente di tale microorganismo; se non viene fermata tale malattia, grazie al Sulfur, un rimedio o farmaco omeopatico, poi essa in maniera subdola, lenta, ingannatrice avanza.

Dopo tale fase acuta comparirà una fase quiescente, un periodo intermedio in cui il paziente sviluppa tutta una serie di sintomi sfumati, aspecifici: si tratta dei 60 sintomi della psora primaria o latente; tale malattia è nota come psora primaria o psora latente perché non presenta manifestazioni eclatanti; appunto per questo è stata chiamata con vari nomi: la malattia non malattia, la malattia troppo spesso trascurata, la malattia che tutti hanno. Tutti i medici dovrebbero tenere tale elenco di 60 sintomi nella loro scrivania.

Poi dalla psora primaria, ovvero da questi 60 sintomi, si passa alla psora secondaria, fatta di oltre 400 sintomi, cioè alle malattie vere proprie, che la medicina cerca, ma oggi con sempre più fatica di dare un nome, una etichetta.

 

++++++ Stili corretti di vita ed igiene alimentare

Nell’ultima parte del primo libro del Trattato delle malattie Croniche il fondatore dell’arte omeopatica fa una breve premessa: “ la dieta e lo stile di vita rigidi non guariscono i malati cronici, come adducono a pretesto gli oppositori, per ridurre il vantaggio dell’omeopatia, poiché il fattore principale si fonda sul trattamento medico. Questo lo si vede nei molto malati che, fidandosi di queste finzioni, per molti anni seguono la più rigida dieta omeopatica, senza poter diminuire sensibilmente il loro male cronico; anzi senza curarsi di tutto questo il male continua ad aumentare, come fanno tutte le malattie di tipo cronico miasmatico, seguendo la loro natura”. Quindi il medico sassone fornisce alcuni consigli utili a tutti: “se ha le forze per farlo, il lavoratore a giornata deve proseguire i suoi lavori manuali, il manovale il suo mestiere; il contadino, per quanto è possibile, deve rimanere ai suoi lavori del campo e la casalinga ai suoi lavori domestici, per quanto le forze glielo consentano – vengono solo proibiti i lavori che possono causare un danno alla salute, anche delle persone sane, cosa che rimane sottoposta alla considerazione del medico ragionevole. La classe delle persone che non compie lavori faticosi per il corpo, ma è occupata in lavori fini, al chiuso di una stanza, deve essere spinta a camminare di più all’aria aperta, durante la cura, senza deporre del tutto le sue occupazioni. Alla classe dell’alta borghesia deve essere fatto obbligo di camminare a piedi, più di quanto è nelle sue abitudini.

Il medico può permettere il divertimento innocente di un ballo misurato, a modo, oppure gli svaghi di campagna, compatibili con la dieta, o anche gli incontri sociali, che intrattengono in conversazioni tra buoni conoscenti; non gli proibirà di ascoltare musica non dannosa o una lezione non stancante; può permettere, in rari casi, il teatro, mai però il gioco delle carte; limiterà i viaggi frequenti e la monta frequente a cavallo; saprà anche bandire ogni contatto dannoso per il corpo e per lo spirito, dato che questo può essere ingiurioso per la salute. Sono da proibire, del tutto, le vuote stimolazioni della sensualità tra i due sessi, così come la lettura dei romanzi licenziosi e di altri scritti di questo genere e anche di libri superstiziosi e appassionati. Spesso i medici vogliono rendersi importanti proibendo del tutto, a malati cronici, che sono sposati, ogni rapporto sessuale, senza operare distinzioni; ma se entrambe le parti sono capaci e disponibili, una proibizione di questo genere è quantomeno ridicola…Spingerà il letterato a compiere ogni movimento, moderato, all’aria aperta e, in caso di maltempo a dedicarsi ai piccoli lavori domestici….A qualsiasi classe di malati cronici va proibito l’uso di rimedi casalinghi e l’uso concomitante di farmaci di qualsiasi genere, così come alle classi sociali più elevate le profumazioni, le acque profumate, le polveri per i denti e tutte le medicine per la bocca…

…Il caffè possiede la maggior parte delle controindicazioni alla salute del corpo e dello spirito; ma è diventato una abitudine e un bisogno talmente radicati, nella maggior parte delle nazioni istruite, che non è semplice da estirpare, al pari di pregiudizio e superstizione…; solo a persone giovani fino al ventesimo, al massimo fino al trentesimo anno di vita il caffè può essere tolto, senza particolari inconvenienti, in una sola volta. A persone più adulte, di trenta o quarant’anni, se lo bevono fin dalla loro infanzia, si suggerisce di disabituarsi progressivamente e di berne ogni giorno una quantità sempre più ridotta, fino a quando non lo abbiano eliminato del tutto…

…Per quanto riguarda la proibizione del vino, il maestro dell’arte curativa potrà essere molto più comprensivo, dato che per i malati cronici non sarà mai necessario un divieto assoluto di questo…

…Il medico che si dichiara tale non può permettere al suo paziente di bere tutto quello che porta il nome di birra, dato che anche alle birre di malto chiaro, birra leggera, o che sembrano insospettabili, a causa della mancanza di amarezza, vengono non di rado aggiunte sostanze narcotiche, per conferirgli capacità inebrianti, nonostante la quantità minima di malto…

…Consentita, ma in maniera molto moderata, ai malati cronici, è anche la frutta acida (amarene, uva spina non matura, ribes) e la frutta dolce, dato che anche le prugne al forno non sono da consigliare, come palliativo, a coloro che soffrono di occlusione intestinale…

…A chi soffre di digestione debole non è da consigliare la carne di vitello troppo giovane. Coloro i quali hanno un ridotto istinto sessuale devono limitare l’assunzione di galline giovani e uova e devono evitare anche gli aromi irritanti di vaniglia, tartufo e caviale, i quali, come palliativi, ostacolano la guarigione.

Donne che hanno una mestruazione ridotta devono tenersi lontane per gli stessi motivi, dallo zafferano e dalla cannella, così come persone deboli di stomaco ugualmente da cannella, chiodi di garofano, ammonio, zenzero e sostanze amare, i quali sono svantaggiosi, come palliativi, nella cura omeopatica.

E così devono essere proibiti tutti gli ortaggi che producono flatulenze, nel caso di ogni tipo di malattia al basso ventre o in caso di tendenza all’occlusione intestinale o di difficoltà a defecare.

Carne di manzo, con pane di segale o frumento, sembra essere, insieme al latte di mucca ed all’assunzione moderata di burro fresco, il nutrimento più naturale e meno dannoso per l’essere umano e, quindi, anche per il malato cronico, ma solo se preparati con poco sale. Accanto alla carne di manzo, troviamo quella di agnello, la selvaggina, le galline vecchie e i colombi giovani; la carne ed il grasso di oca sono da permettere, al malato cronico, ancora meno che quella del maiale.

Si può fare uso solo raramente di carne in salamoia o affumicata.

Si eviti di cospargere erbe tritate su zuppe, erbe aromatiche su ortaggi o formaggio vecchio e stantio.

Per quanto riguarda il pesce, bisogna fare attenzione soprattutto alla sua preparazione; questo deve essere cotto al meglio solo in acqua e solo per poco tempo e non in brodi aromatizzati – per contro si deve evitare ogni tipo di pesce affumicato e seccato all’aria aperta; moderatamente, si possono consumare aringhe e sardine sotto sale.

La moderazione di tutti gli alimenti, anche di quelli innocenti è un dovere primario per i malati cronici…”

Poi Hahnemann dopo consigli di stile di vita o di igiene alimentare si addentra in un campo diremmo oggi psicologico: definisce il rammarico, la rabbia, la preoccupazione continua, il cruccio come le più importanti cause scatenanti di malattie croniche; dichiara, con forza, che, un uomo innocente, dopo 10 anni trascorsi in galera svilupperà disturbi fisici minori di quelli che si riscontreranno in un uomo che vive con ogni comodità fisica, ma ha un matrimonio infelice o una coscienza che gli rimorde; aggiunge che in una vergine sensibile, peraltro già isterica, un amore respinto produce malinconia.

Hahnemann fornisce quindi nella ultima parte del primo dei cinque libri del Trattato delle malattie croniche, tutta una serie di consigli e suggerimenti pratici, molto utili, molto chiari e di facile applicazione sia nella vita quotidiana che nella pratica medica ambulatoriale: per esempio consiglia di mescolare i granuli con un poco di acqua quando la medicina deve agire in maniera più forte e ancora con più acqua se deve agire in maniera ancora più forte; poi dopo l’assunzione il paziente deve rimanere tranquillo per almeno un’ora, ma non deve dormire. Il rimedio non deve essere assunto poco prima del flusso mensile, né durante questo.

Accenna alla gravidanza, la quale non costituisce un ostacolo alle cure omeopatiche: anzi spesso la donna che prima della gravidanza era sempre malaticcia o costantemente ammalata, vive ora un insolito stato di benessere, che va sfruttato nella maniera giusta: pertanto, proprio durante questi nove mesi di attesa il medico deve somministrare i rimedi giusti contro quei sintomi che la donna presentava prima, quando ancora non era in stato interessante.

A proposito di stipsi, solo se la defecazione manca per 3 – 4 giorni, consiglia l’uso del clistere, il quale deve contenere solo acqua pura e tiepida e nient’altro e deve essere ripetuto dopo un quarto d’ora se non sortisce effetti: dichiara che i rimedi antipsorici “eliminano presto” questo problema per cui un terzo clistere raramente sarà necessario ed al massimo dopo 3 – 4 giorni dopo il secondo, solo se il paziente da poco ha iniziato la cura omeopatica.

Per ultimo fa una serie di divieti che riguardano le acque profumate, le tisane di erbe, la menta piperita le prelibatezze speziate del pasticcere, le tavolette anticatarrali, i liquori, la cioccolata, le tinture o polveri per i denti: si scaglia contro quei cosiddetti “articoli di lusso” che ostacolano la cura omeopatica.

Non consente nemmeno i bagni caldi, ai quali i pazienti sono molto attaccati: innanzitutto perché disturbano lo stato di salute e poi perché non sono necessari, dato che un lavaggio rapido, con acqua saponata, tiepida, delle varie parti del corpo è sufficiente.

++++++ Diluizioni e dinamizzazioni

Il concetto di diluizione e dinamizzazione è importante, ma non fondamentale in omeopatia: molti pensano che un rimedio solo perché diluito e dinamizzato debba essere definito omeopatico: questo non è assolutamente vero: anche con sostanze ponderali si può eseguire una azione omeopatica per un semplice motivo: solo chi segue il principio di similitudine fa omeopatia: poi che usi rimedi ponderali oppure diluiti e dinamizzati questo viene dopo: certamente la diluizione e la dinamizzazione facilitano, rendono più semplice l’uso di certe sostanze: insomma semplificano e di molto l’attività dell’omeopata.

Hahnemann stesso scrive: «Le dinamizzazioni omeopatiche sono realmente in grado di risvegliare, nelle sostanze naturali, delle proprietà medicamentose, che restano celate, fintanto che esse sono nello stato grezzo».

In commercio i farmaci omeopatici si distinguono attraverso delle sigle. Le più comuni sono:

  D o DH: sta ad indicare la diluizione decimale di Hering.

  C o CH: sta ad indicare la diluizione centesimale hahneman­nia­na.

  K: sta ad indicare la diluizione Korsakoviana; è simile, come concetto, alla diluizione centesimale, ma segue una metodica di preparazione diversa e meno precisa. Il metodo prende il nome dal capitano russo, consigliere dello zar Nicola I, Simeon Nicolaievitch Korsakov, che durante le campagne di guerra, non disponendo delle sequenze di flaconi, per operare le diluizioni hahnemanniane, utilizzò un solo recipiente: eseguiva cioè succussioni o potentizzazioni o dinamizzazioni  nello stesso recipiente: il contenuto veniva buttato via ad ogni passaggio di diluizione e dinamizzazione, ma sempre un poco d’acqua  rimaneva in fondo al recipiente e  così  si riusciva a diluire e potentizzare il rimedio il rimedio   avendo a disposizione un solo  recipiente.

  LM: è la diluizione cinquantamillesimale, piuttosto complessa, descritta da Hahnemann, verso il tramonto della sua vita. L sta per 50 e M per 1000 assolutamente da non confondere col numero romano che così scritto indica 950. La potenza LM probabilmente presenta una azione più rapida, più delicata, meno aggressiva della centesimale, per alcuni più semplice da maneggiare.

 La durata d’azione del farmaco dipende   dal rapporto tra diluizione e  dinamizzazione: più il rapporto è sbilanciato verso la dinamizzazione e più la durata del farmaco  è breve.  Più tale rapporto è equilibrato, come nelle LM, più la durata d’azione del rimedio è lunga.   Nella malattia acuta,  in acuto ,   è utile alternare le potenze per evitare aggravamenti omeopatici; nella fase acuta gli effetti primari potrebbero essere troppo accentuati a causa di una eccessiva dinamizzazione ed è quindi utile cambiare potenza, anche ogni ora, così da rendere più gestibile tale fenomeno acuto.   Hahnemann sa che la sperimentazione è fatta con le 30 ch, rimedi che hanno avuto almeno 30 dinamizzazioni, come anche le 30 Lm, ma la Lm è molto più  diluita per cui il rapporto diluizione dinamizzazione  è migliore: nelle 30 Lm abbiamo abbastanza energia con assenza quasi totale di sostanza.    La potenza  CH è sbilanciata verso la dinamizzazione e serve per contrastare la fase cauta; il vantaggio delle centesimali è che hanno un impatto forte rispetto alla infezione acuta; tuttavia più è dinamizzato un rimedio maggiore è il rischio nel paziente cronico di scatenare aggravamenti omeopatici: la potenza centesimale nel cronico può essere usata solo quando   si cambia  la potenza, oppure usando gocce che vengono   dinamizzate di volta in volta in modo diverso.      La  potenza CH  è molto dinamizzata  rispetto  alla   diluizione: c’è diluizione 1 a 100  con 100 succussioni per ogni passaggio di diluizione e per  questo che la  5 ch ha 500 dinamizzazioni; più alta è la dinamizzazione   più l’effetto è immediato e  breve  nel tempo; se il medico  deve ottenere un effetto immediato deve usare alte dinamizzazioni, che  si esauriscono   presto  nel tempo: l’effetto è breve e quindi va ripetuto nel tempo: tuttavia invece che ripetere la stessa potenza è meglio cambiare potenza, per evitare aggravamenti omeopatici  precoci e non importa quale sia la potenza cambiata: in acuto il rischio di aggravamenti è forte.  Utile cambiare potenza quando si usano le CH; per il principio vitale è fondamentale cambiare potenza.  Le potenze centesimali sono preparate  in maniera troppo dinamizzata: dinamizzazione significa  mantenere  e anche esaltare gli effetti puri  del farmaco, gli effetti farmacologici in senso stretto.

Nelle CH il rapporto DIL DIN è molto sbilanciato verso la  DIN: quindi l’impatto del rimedio è forte, cosa che non deve succedere se si lavora su risposte immunitarie.  Hahnemann faceva  2 succussioni ogni passaggio  centesimale, a volte 5 , a volte 10.    Si diluisce per evitare gli effetti avversi, quelli di reazione   dell’individuo.    Si dinamizza  per    mantenere gli effetti puri, positivi, o primari del rimedio. Con la dinamizzazione  mantengo gli effetti puri, positivi, primari del rimedio.  

 

+++++    AGGRAVAMENTI in omeopatia

  Il rimedio a volte non è del tutto sovrapponibile  all’insieme dei sintomi che vogliamo curare e a volte se lo è la   potenza usata potrebbe essere eccessivamente dinamizzata: da ciò deriva un effetto marcato, un aggravamento, che si verifica di solito  con sostanze molto dinamizzate e raramente  con sostanze il cui la potenza  è bilanciata. Le potenze centesimali sono utili nelle malattie acute, quelle  cinquantamillesimali  nelle malattie croniche.

Se   dinamizzo  molto posso  avere un aggravamento;   se dinamizzo in modo bilanciato  ottengo effetto di guarigione.

Una dinamizzazione eccessiva   può  provocare una  esaltazione della attività del rimedio, anche se questo  è omeopatico  a quello che si vuole curare; più aumenta la dinamizzazione, ovvero il numero di succussioni, minore sarà la  durata dell’effetto e maggiore  l’effetto immediato: avremo quindi un effetto più  brusco.  Nel paziente cronico una terapia a lungo termine con  potenze centesimali non si può ripetere all’infinito, perché può esaltare gli effetti omeopatici, ovvero può generare aggravamenti.

Se  la dose  è eccessiva, ovvero  ho somministrato  troppa medicina,  oppure  se  la potenza  è eccessiva,   oppure   se la potenza  è giusta, ma  è stata data troppo rapidamente,  prima che il paziente abbia iniziato il suo processo di ristrutturazione,    ciò è nocivo: ho creato malattia nuova importante, specie se  il rimedio è molto potentizzato.  #Le peggiori soppressioni sono quelle omeopatiche.

Il vantaggio delle potenze centesimali  risiede nel loro forte impatto; più il farmaco è dinamizzato  e più è elevato il rischio  nel paziente cronico di sviluppare aggravamenti: quindi nel malato cronico  la potenza centesimale si  può  utilizzare a patto di cambiare spesso la potenza, oppure usando le gocce e  variando di volta  in volta le succussioni o dinamizzazione.   Le centesimali tendono a dare  aggravamenti: se  uno usa le centesimali ogni   5 – 10 minuti il rischio di aggravamento omeopatico  è enorme

Si chiama potenza la preparazione del farmaco.  La   potenza  di un rimedio omeopatico è data dal rapporto tra DIL e DIN, che  costituisce  l’azione del farmaco, ovvero la farmacodinamica. Utile poi cambiare sempre potenza per evitare l’aggravamento omeopatico

La grande scoperta di   Hahnemann  è il mantenimento dell’effetto tossico durante la sperimentazione o prooving:  gli effetti  tossici di una sostanza possono essere  riprodotti quando la sostanza viene diluita  e  dinamizzata; l’effetto primario ovvero l’azione specifica di un certa sostanza viene mantenuto o talora esaltato da questa energia meccanica rappresentata dalla dinamizzazione, anche quando la sostanza viene diluita enormemente; si ha  un mantenimento dell’effetto, non una  inversione: la tossicologia ci aiuta a comprendere  molti sintomi delle materie mediche.  Il   Kalium carbonicum è un additivo alimentare  usato nei modelli sperimentali di induzione del   papilloma vescicale e dei carcinomi renali  nei topi: poiché  è in grado di attivare una trasformazione  neoplastica è anche in grado di provocare, durante la sperimentazione pura,  con la 30 ch, una sintomatologia   ben precisa: non   determina un carcinoma, ma una sintomatologia molto simile a quella del carcinoma; dopo escissione di un papilloma vescicale è  utile Kalium carbonicum a scopo preventivo.  La farmacologia omeopatica  si  basa sul mantenimento degli effetti.    La diluizione  serve  per rendere  solubili  alcune sostanze, ma soprattutto  per eliminare effetti collaterali.    La dinamizzazione  serve per mantenere o esasperare  gli effetti  gli effetti primari o iniziali.  Più vado verso il ponderale e più rapidamente vedo effetti  secondari  o  collaterali.  Più  DIL  e DIN   e più aumentano gli effetti 1°. Per  Hahnemann la potenza di un farmaco è il rapporto tra DIL  e  DIN.

Con la 5 Ch, che ancora presenta una parte chimica, le  azioni 1°  vengono eccitate, ma rapidamente scateno le azioni 2°: se    diluisco  ancora riduco il tempo di insorgenza degli effetti  2° e mantengo con DIN  gli effetti 1°, quelli terapeutici.   La potenza   è la forza degli effetti 1°, è l’energia degli effetti 1°, è quanto rapidamente   dell’effetto 1°  voglio  scatenare: più   dinamizzo   e  più tale energia aumenta, più  diluisco   e  più riduco la comparsa di effetti 2°.    Ogni  miglioramento  netto, evidente impedisce ulteriori somministrazioni: non posso somministrare se non ho sintomi, perché  significa esporre il soggetto al prooving.  Nella  terapia  soppressiva ogni 15 – 20 ore la sostanza va risomministrata,   perchè altrimenti compaiono i sintomi; se i sintomi ricompaiono ciò significa  che la struttura del sistema non è stata per nulla   intaccata,  ma  è  stata solo   nascosta.

Le  potenze cinquantamillesimali o LM  sono  più equilibrate, con rapporto   diluizione   dinamizzazione   più favorevole rispetto alla centesimale: la potenza LM  è consigliata nel paziente  cronico;  la  9 ch è stata diluita  1  a 100 per 9 volte e per 100 succussioni ad ogni  passaggio per un totale di  900 succussioni; nelle LM  ho rapporto diluizione dinamizzazione molto più basso.  Le  centesimali, nel  tempo in cui  Hahnemann  stesso le preparavano subivano due  succussioni e non 100 come oggi.   Un rimedio  molto dinamizzato  è rimedio che dura poco nel tempo e  tende ad avere  un impatto molto violento, brusco, immediato, ma con durata breve: è la dinamizzazione che dà luogo alla durata  dell’effetto: più è alta la dinamizzazione più l’effetto  è  immediato e più breve è la durata dell’azione del rimedio;  quindi l’azione di un rimedio omeopatico  si misura col grado di  dinamizzazione: più forte è la dinamizzazione, più il suo effetto  sarà immediato,  breve: in particolare più caotico  sarà  l’andamento  degli  effetti   complessivi, ovvero degli effetti sia primari che secondari.  

Se  somministro  una  quantità elevata di  sostanza  tossica   a  dosi  ponderali gli effetti   primari  (1)°  sono immediatamente sormontati dagli effetti    secondari (2°): la tossicità della sostanza data è talmente  elevata che l’organismo  è obbligato a mettere in moto il più   rapidamente  possibile   la sua risposta: il sistema  non può fare altro  che attivare tutti i mezzi necessari per eliminare  quella sostanza nociva: ne consegue che l’effetto primario diviene difficilmente valutabile, in quanto viene precocemente sormontato, in pratica nascosto dagli effetti secondari; si tratta di un effetto  che compare in breve tempo ed è particolarmente intenso: quindi a dosaggio pieno  o tossico  una sostanza fa vedere immediatamente i  suoi effetti secondari.  Se invece diluisco e anche di molto una  certa sostanza, dice Hahnemann,    gli effetti 1° e 2° saranno difficilmente valutabili, in particolare, non sono in grado di manifestarsi; a questo punto Hahnemann si inventa  il processo della dinamizzazione e ad ogni passaggio di diluizione imprime 2 o più scosse, o succussioni, o potentizzazioni: ne consegue  che diluendo e dinamizzando gli effetti 1° vengono mantenuti, mentre gli effetti secondari sono alterati o inibiti: ergo la dinamizzazione esalta gli effetti1°, ovvero gli effetti puri del rimedio, gli effetti terapeutici, gli unici che interessano all’omeopata; la diluizione  inibisce gli effetti  2° che non interessano a nessuno; possiamo anche dire che gli effetti1°  si incrementano con la dinamizzazione, mentre gli effetti 2°  vengono inibiti dalla diluizione.    L’effetto tossicologico rimane con le potenze alte: l’effetto si mantiene sempre, non esiste stimolazione o inibizione e non esiste quindi l’ormesi, Hahnemann aveva una grande aspirazione: far comprendere al mondo intero  che la sua scoperta farmacologica  più importante era questa: pur diluendo l’effetto veniva mantenuto grazie alla dinamizzazione: pertanto   dare  un rimedio  alla 30 ch ,  quindi assolutamente privo di materia  o  intossicare un paziente  si ottengono gli stessi sintomi: l’effetto  rimane lo stesso, non cambia: ovviamente col rimedio 30 ch non si rischia la morte, ma comunque rimangono gli effetti specifici della sostanza  stessa.  Nella malattia   cronica Hahnemann consiglia di usare  potenze diverse  oppure le gocce per variare la dinamizzazione: variando potenza  si modifica il numero delle dinamizzazioni in rapporto alle diluizioni: viene cambiata la eccitabilità della forza vitale, come dice  Hahnemann: tale  cambio di potenza   consente di ottenere un effetto progressivo  altrimenti il rischio  è quello di sommare gli effetti, ovvero di provocare un aggravamento omeopatico.  Nella malattia cronica la stessa somministrazione, con la  medesima potenza  in genere non  conduce a buoni risultati e quindi  si consiglia di usare  le LM oppure di alternare potenze diverse.   Nella malattia  acuta  utili le monodosi ogni due gironi circa a  diverse potenze, meglio se  progressive: mi aspetto un effetto immediato che deriva da una maggiore dinamizzazione

Hahnemann riteneva utile aumentare la superficie di  assorbimento  del rimedio tramite un sorso d’acqua o tramite olfazione del granulo.

Con la attenuazione o  diluizione   di una sostanza eliminiamo o riduciamo  gli effetti, ma con la dinamizzazione addirittura   li aumentiamo. Hahnemann dice al paragrafo   110  dell’Organon:  “gi effetti  tossicologici, descritti da autori precedenti, delle sostanze  farmacologiche  somministrate per vari  motivi, coincidevano con le osservazioni che io ho fatto  durante le sperimentazioni; l’effetto tossicologico veniva a manifestarsi   addirittura con le diluizioni e dinamizzazioni  del farmaco stesso”.  E’ il mantenimento degli effetti che  governa l’aspetto farmacologico   della omeopatia: tutto si basa  su questo concetto, ovvero sul connubio stretto  tra tossicologia  e sperimentazione: quindi l’effetto tossicologico  si mantiene  con la diluizione anche   estrema   a patto  che si aggiunga energia  meccanica  con la dinamizzazione: si può definire  tale  condizione: sindrome tossicologica.  Lo stesso Hahnemann  si chiede: “ come è possibile  che una piccola dose  di medicina molto attenuata  possegga ancora un grande potere e  addirittura  lo stesso potere  della tossicologia; come fa  Ammonium carbonicum ad avere la stessa    tossicologia  della  ammoniaca ?  Pertanto maggiore è il   numero di succussioni  maggiore sarà l’effetto farmacologico: una dose  di Sulfur alla  200   CH  è molto dinamizzata, con 100  succussioni ad ogni passaggio:  comporta  un impatto violento, un andamento caotico  dell’effetto, ove  non c’è più parte iniziale e quella consecutiva, ma soprattutto è presente una durata d’azione  breve: queste sono le caratteristiche  di un rimedio altamente dinamizzato  e  quindi  la manipolazione  che noi apportiamo  al rimedio omeopatico  è fondamentale  per capire  e sfruttare poi l’effetto.

 

 

FILOSOFIA da Platone ed Aristotele a Kant e Kierkegard

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TOSSICOLOGIA e SPERIMENTAZIONE

TOSSICOLOGIA e SPERIMENTAZIONE
Malattia tossicologia e malattia sperimentale

Una delle scoperte  più  importanti   della omeopatia   risiede  nella  comparazione fra i sintomi della   tossicologia con gli effetti  indotti  dalla sperimentazione.

La farmacologia omeopatica  punta  tutto sulla  ripetizione dei sintomi  tossicologici  con la sperimentazione pura: se non conosciamo la sperimentazione  del farmaco allora con la tossicologia  riusciamo a comprendere tanti altri effetti.

Sappiamo che  Hahnemann , il fondatore  dell’arte  omeopatica  riteneva  che  il  primo dovere del medico  fosse  la conoscenza dei farmaci: si può definire come un grande esperto di  farmacologia: fu il  primo   medico  a stabilire che un rimedio, un farmaco, una sostanza che potesse essere utile per guarire una malattia, anzi per dare al nostro organismo una informazione utile per guarire un disturbo doveva essere sperimentata su un uomo sano; non è possibile secondo il fondatore dell’omeopatia, sperimentare un rimedio su un malato, su un paziente che presenta dei disturbi o alterazioni delle sensazioni e  delle funzioni, perché queste non ci consentiranno  di comprendere  la reali potenzialità di uno  specifico rimedio: le caratteristiche, le qualità, le funzioni  del farmaco introdotte in un organismo già malato non permetteranno mai di venire alla luce, di essere ben compreso:  si   svilupperà  cioè una confusione enorme fra disturbi del malato e le potenzialità, le  caratteristiche  del farmaco introdotto: alla fine cioè non è possibile  comprendere la vera azione del farmaco.  Solo introducendo  un rimedio alla volta  e  in un paziente apparentemente sano si potrà comprendere la vera azione di quel rimedio: Hahnemann chiama  prooving, ovvero sperimentazioni o malattie patogenetiche le malattie create dal rimedio introdotto in un soggetto sano: sceglie individui di ogni genere: uomini, donne, giovani, vecchi,  gravide, ricchi, poveri, di ogni ceto sociale: sperimenta i suoi rimedi e ne trae tutta una serie di dati:  crea dei disturbi, delle malattie  che  costituiscono poi, solo ad una lettura attenta l’immagine di quel rimedio.

Possiamo così sintetizzare:

1)  La sperimentazione va svolta in persone in equilibrio di salute, ovvero senza quadri clinici in atto, sane, non malate.

2)  La sperimentazione su malato  non ha senso perché si sommano i sintomi del malato con quelli della malattia.

3)  Il rimedio va sperimentato su volontario sano con  piccole  dosi e dinamizzate e il tutto si paragona  con la tossicologia  del farmaco stesso.

4)  Il rimedio o farmaco introdotto nell’organismo induce una malattia  simile a quella che vogliamo curare.

5) La malattia tossicologica  è uguale  a quella patogenetica, quella fatta su soggetti volontari e sani.

 Si venne però a creare un problema: Hahnemann   non poteva ammalare in modo grave tali sperimentatori: ovviamente se un disturbo diventava invalidante, ovvero grave per la salute del paziente tale proovings, tale sperimentazione veniva interrotta: non si poteva rischiare la vita del paziente, solo per la curiosità di sapere che cosa tale rimedio avesse provocato  a dosi molto forti: infatti durante la sperimentazione  le dosi del farmaco dato  somministrate ad un  paziente sano, erano di giorno in giorno più elevate, proprio per provocare dei sintomi: poi, come ho già ripetutamente detto,  il terapeuta, il medico omeopata in tal caso  mette in pratica la cosiddetta  la legge dei simili, il cardine di tutta l’arte omeopatica: ovvero se un malato che si presenta davanti al medico presenta una malattia simile, non uguale a quella  che ha sviluppato lo sperimentatore, durante il prooving, o sperimentazione  avrà bisogno proprio di quel rimedio omeopatico.

Tornando alla tossicologia  di una certa sostanza possiamo chiaramente dichiarare che questa  deve essere ben conosciuta dal medico omeopata perché  fornisce tantissime informazioni: una sostanza, ma non capita ovviamente sempre, può  essere anche conosciuta per i danni che ha arrecato:  mangiare o bere per errore una certa  sostanza, respirare certi  veleni, usare a scopo  suicida certe soluzioni  può portare a quadri clinici  lievi, gravi o gravissimi: Hahnemann  si accorge  che certe sostanze studiate  su sperimentatori sani presentavano  le stesse  caratteristiche, stessi disturbi in coloro che le  avevano assunte per sbaglio o per altri motivi: cioè la malattia patogenetica,  quella  descritta sul paziente sano era molto simile alla  malattia tossicologia, di chi  per errore o altri motivi aveva  assunto la medesima sostanza; in più  nei pazienti sani la sperimentazione veniva ovviamente interrotta, per motivi etici, quando iniziava a creare disturbi importanti: invece  la malattia  tossicologica completava l’opera iniziata da  Hahnemann  ovvero forniva  molte  indicazioni su eventuali gravi patologie.

Hahnemann afferma  che la tossicologia   viene confermata dalla sperimentazione pura  o prooving : ciò significa che  piccolissime dosi producono effetti simili a grandi dosi: si tratta di una delle fondamenta della farmacologia omeopatica

Pertanto  la tossicologia va ben studiata dal medico omeopata perché fornisce dati importanti sulle reali  potenzialità dei rimedi che  in nessun altro modo potremmo ricavare: in particolare piccole dosi  producono effetti simili a  grandi dosi e ciò costituisce uno dei fondamenti dell’omeopatia.

La  tossicologia di alcune sostanze  coincide  con gli effetti della sperimentazione  pura. Hahnemann dice che   c’è una sorta  di   coincidenza  tra  gli effetti  del veleno,  ovvero  la sostanza tossica  ed il  rimedio omeopatico, nel senso che sviluppano  entrambi  sintomi , disturbi,   malattie che costituiscono  un quadro clinico ben preciso: tali effetti sperimentali ed accidentali hanno come caratteristica il   fatto che sono peculiari  per ogni sostanza: ergo  occorre imparare la tossicologia  dei rimedi,  perché in base  a  quella  si può estrapolare come  vanno prescritti.

I sintomi della malattia sperimentale (o malattia patogenetica, quella  cioè  che si ricava  dalla sperimentazione su uomo  sano)  e i sintomi o disturbi  della  tossicologia (quelli che si ricavano  in seguito ad una intossicazione accidentale, volontaria o altro), devono essere simili: se la tossicologia riportasse  sintomi non presenti all’interno  del farmaco ciò indicherebbe che  stiamo parlando di qualcosa che non esiste;  invece  poiché  la tossicologia fa vedere la stessa sintomatologia del prooving il modello omeopatico è  valido, ripetibile e efficace: possiamo definire la tossicologia come una ulteriore conferma della validità degli studi di  Hahnemann.

CORSO di OMEOPATIA – Centro Sociale Borgo

Comune di Faenza

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Docente dott. Luca Garavini

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Buone vacanze a tutti

MALATTIA CRONICA

MALATTIA CRONICA: una novità assoluta per quei  tempi, ma anche per oggi, una vera e propria rivoluzione in campo medico, anche se il termine malattia cronica    non suscita particolari emozioni, ovvero  non appare un  qualcosa di strano  o di particolarmente innovativo.

 

Hahnemann è il primo medico al mondo a parlare di malattia cronica: questa mia  affermazione  può apparire, strana, non  veritiera,  può  suscitare  perplessità, perché in realtà spesso si parla in medicina tradizionale di disturbi cronici, di una  malattia che si è cronicizzata,  che  persiste da molto  tempo e quindi  è diventata cronica e così  via; ma ripeto Hahnemann, il fondatore dell’arte omeopatica,  nei primi decenni del 1800, con l’uscita del libro: “Il trattato delle   malattie croniche”,  costituito da  5 volumi, introduce   questo concetto, ripeto nuovissimo  di malattia cronica: si tratta di uno dei capisaldi dell’omeopatia, difficile  da comprendere, da digerire, da metabolizzare: Hahnemann stesso si rende conto che non tutti riusciranno a comprendere  le sue parole, è consapevole della innovazione grande che sta  rivelando al mondo  scientifico, il quale non sarà in grado di apprezzare questo sue scoperte.

In pratica, il fondatore dell’arte omeopatica  dichiara che esistono da un lato le malattie acute  e dall’altro le malattie croniche: ovvero si tratta di due cose diverse, di roba differente, insomma di questioni completamente  distanti fra loro: malattie acute e croniche  sono due entità completamente separate: ne deriva una semplice conclusione: il  terapeuta  le deve  curare, trattare, risolverle in maniera completamente diversa.

Le malattie acute, i disturbi acuti, richiedono certi rimedi o farmaci che Hahnemann espone in un libro : “La Materia medica Pura”: i disturbi acuti,  in pratica si manifestano in un soggetto diremmo sano, ovvero apsorico, ovvero privo della malattia nota col termine psora,  ovvero senza alcuna malattia  che abbia già  invaso l’organismo: si  tratta  di  un paziente tutto sommato in  buona salute e quindi facile da curare, che troverà un rapido giovamento  dalle cure omeopatiche: il miglioramento dovrà  essere veloce, ovvero  il rimedio omeopatico  in  poche ore o massimo qualche giorno  porterà  i suoi effetti benefici, ovvero la guarigione totale del paziente: Hahnemann ripete che sempre la guarigione dovrà essere totale:  si può definire guarito un malato solo se tutti i suoi disturbi sono  scomparsi: se, per esempio, la malattia  dello stomaco è  andata via, ma rimane un eczema  della pelle o qualsiasi altro piccolo disturbo non possiamo dichiarare guarito il paziente, ma comunque nel caso della malattia acuta è presente sempre e solo un disturbo.

La malattia cronica per prima cosa è un qualcosa di completamente diverso a quella acuta e Hahnemann  scrive un libro, “Il trattato delle malattie croniche”  dove appunto inserisce i farmaci che servono per curare le malattie croniche, che sono diversi da quelli usati per  curare le malattie acute: solo pochi  farmaci  si rivelano utili  sia nelle malattie acute che in quelle croniche: ovvero solo alcuni rimedi li ritroviamo nell’elenco dei farmaci acuti, che nell’elenco dei rimedi cronici. Dunque  la  patologia cronica inizia in maniera subdola, lenta, insidiosa ed avanza inesorabilmente fino alla morte del paziente:   Hahnemann vede una evoluzione della malattia, si accorge che i vari disturbi o malattie che presentavano certi pazienti ammalati da lungo tempo facevano parte di una unica malattia: mi spiego: il compito dell’omeopata è , grazie al  colloquio  in ambulatorio col paziente, di  evidenziare i suoi disturbi: se la malattia è cronica ovvero,  dura  da tanto, si è complicata con varie problematiche:  ciò significa  che per prima cosa non si tratta di una semplice malattia acuta; inoltre tale quadro, spesso molto complicato, in realtà è costituito da una sola malattia: l’omeopata dovrà  fare ordine, all’interno del quadro caotico della malattia cronica: ciò significa  mettere in stretta correlazione un disturbo con l’altro,  comprendere le strette associazioni fra i  vari disturbi, che sembrano sempre in  un primo momenti qualcosa di completamente separato da tutto il resto: in realtà la malattia cronica è una cosa unica, anche se presenta disturbi uno completamente diverso dall’altro: occorre  mettere ordine, ovvero comprendere i rapporti stretti che un disturbo ha con tutti gli altri disturbi: il bravo omeopata deve comprendere  gli stretti rapporti che una  sensazione, una paura, una emozione un eczema una gastrite, una emorroide hanno fra di loro: ogni malattia cronica costituisce come una  massa informe, ma strettamente unita,  come una catena tutta arrotolata  su se stessa, ma  con le varie maglie della catena agganciate fra di loro: non è possibile separare gli anelli della catena: va vista come un tutt’uno, una cosa unica e quindi va curata come fosse una cosa sola, ovvero nella sua totalità: non posso prendermi cura di un solo anello della catena, ma sono obbligato a prendere in considerazione tutta la  catena, perché appunto gli anelli sono strettamente collegati uno con l’altro.

In allopatia o medicina tradizionale o accademica   si parla di malattia cronica quando questa dura da parecchio tempo: una bronchite, con tosse  e catarro e mal di gola e febbricola, una gastrite e così via, se  dopo  3 mesi o più ancora  persiste, viene definita  dal   medico tradizionale  bronchite cronica, faringite cronica, gastrite cronica.

Altro esempio: un soggetto ha la pressione alta, la quale  viene curata con farmaci che abbassano la pressione, poi si  alzano i valori di colesterolo e trigliceridi e glicemia e assume altri farmaci, appunto per abbassare i livelli di  grassi e zuccheri nel sangue; poi si gonfiano le gambe ed aggiunge un diuretico, quindi la tiroide si sballa e assume  un estratto di tiroide perché l’organismo produce pochi ormoni tiroidei: in pratica  un paziente viene curato  come se avesse tanti malattie acute: semplicemente sono comparse nello stesso paziente e durano da parecchio  tempo e si parla di malattia cronica: il   paziente, ogni mese, esce dalla farmacia con la sua borsa di medicine: in pratica viene curato  come se avesse tante malattie acute: per  Hahnemann quei disturbi fanno parte di una unica malattia, che quindi richiede un unico farmaco ed assolutamente  è qualcosa di diverso  da un semplice e banale quadro acuto; per concludere uno potrebbe giustamente obiettare: anche un malato cronico può presentare un quadro di cistite  o gastrite o eczema, o altro: ovvero un disturbo che sembra acuto, ma   si presenta in un   soggetto malato da parecchio tempo, ovvero affetto da malattia   cronica: questi episodi acuti di nausea,   di  mal di gola, ragade nel   paziente cronico, per prima cosa, sono strettamente correlati a tutti gli altri disturbi; poi  non vanno curati come  quando compaiono in un paziente  che prima era sano, ovvero non vanno trattati con  quei  farmaci che ritroviamo nell’elenco dei rimedi per le patologie acute: questo fa la medicina tradizionale; inoltre anche se apparentemente sembrano simili  a quei disturbi che ritroviamo in un paziente acuto  (ovvero sano che si ammala  per la prima volta), vanno esaminati, considerati e  trattati come qualcosa di diverso: ovvero come disturbi strettamente correlati a tutti gli altri; pertanto possiamo dire che una cistite, una gastrite, una emorroide apparentemente sembrano   due entità uguali, ma vanno considerate come cose diverse se compaiono  come quadro acuto o come quadro cronico: vanno trattate diversamente, richiedono cure differenti: nel paziente acuto si cureranno in modo e mi aspetto certi risultato molto  positivi e rapidi; in un  malato cronico richiedono  molta più attenzione e soprattutto vanno curate con rimedi appunto cronici che tengano presente il quadro globale del paziente, decisamente molto più complicato e complesso.

LEGGE dei SIMILI

Tutta l’arte omeopatica  si basa esclusivamente su questa legge:  con forza  va detto che  esclusivamente coloro che seguono tale principio, tale regola, tale metodo   possono definirsi omeopati, come sosteneva  Hahnemann il fondatore dell’omeopatia. 

La legge dei simile si può riassumere in questo: “La somministrazione della sostanza a dosi infinitesimali, nel soggetto  ammalato che presenta gli stessi sintomi ricavati, ottenuti cioè dalla sperimentazione sull’uomo sano, è capace d’indurre la guarigione del paziente stesso”: così enunciato tale dogma fa quasi paura, ma  cercherò di renderlo comprensibile a  tutti, semplicemente perché rappresenta il  nucleo, il centro di tutta l’arte omeopatica.

Per  comprendere bene tale legge dei simili occorre conoscere  alcune cose.

Occorre  aver letto cosa significa proovings,   ovvero conoscere la sperimentazione omeopatica   e tutta la tossicologia: le sperimentazioni omeopatiche vanno di pari  passo  con la tossicologia: forniscono informazioni sugli effetti  primari dei rimedi, ovvero ci   permettono di comprendere  quali azioni, effetti  o proprietà   ha un rimedio:  quindi se  tale quadro clinico  lo ritrovo in un  soggetto ammalato sono autorizzato  a somministrargli il rimedio omeopatico, che appunto  per la legge dei simili porterà alla guarigione totale il paziente: mi spiego, perché il concetto non è  subito facile da digerire: dalla sperimentazione  o proovings  su pazienti sani di un rimedio come Arsenico, noto come Arsenicum album,  ricavo  sintomi ben precisi: nausea, vomito e diarrea  dopo pochi  minuti,  poi  febbre alta,  desquamazione della pelle, avarizia, poca disponibilità   verso gli altri, rabbia, inquietudine ecc. : poi il quadro tossicologico,  si soprappone  a quello della sperimentazione e mi conferma lo stesso quadro di nausea, vomito, diarrea,  avarizia ecc. : si tratta  di  pazienti che accidentalmente si sono un poco avvelenati di arsenico , perché nelle acque  per errore  sono finite dosi di arsenico, o perché  volontariamente  hanno  deciso di assumere  tale veleno: il medico  omeopata che ha studiato i proovings  e la tossicologia del rimedio se vede nel suo ambulatorio un   paziente che presenta un quadro simile ha la possibilità o di usare medicine tradizionali o  di  somministrare un rimedio omeopatico che è in tal caso, l’Arsenicum album:  in base alla legge dei simili, la malattia  del paziente, che sta di fronte al medico in ambulatorio,  è simile, sovrapponibile a quella che   si   riscontra nei proovings e nella tossicologia: sono come due immagini  simile, non due fotocopie uguali, due immagini sovrapponibili, con tante similitudini: una eliderà l’altra: la malattia creata dal rimedio andrà ad annullare la malattia che ha colpito il paziente, appunto  per la legge   dei simili. 

Occorre una premessa :  tutto quello che  invade il nostro corpo  si comporta come una  malattia: un virus, un batterio, ma anche un sapore, una emozione, una buona notizia invadono   l’organismo, lasciano un  segno, una traccia, una cicatrice, che mai scompare ed  a volte ritornano ala luce, sotto forma di disturbi fisici come una febbre,  un eczema o disturbi emozionali: un ricordo, una paura, una sensazione strana.

Il rimedio omeopatico crea una malattia che va ad annullare la malattia del paziente se i due quadri sono simili.

Pertanto va detto a gran voce che solo coloro che seguono tale legge, o meglio dogma della similitudine praticano una cura omeopatica; molti medici e molti pazienti  semplicemente perché usano prodotti diluiti o dinamizzati definiscono tale trattamento  omeopatico: non è così: anche  con prodotti ponderali si  possono eseguire  terapie  omeopatiche, purchè  venga rispettata tale legge dei simili: lo stesso  Hahnemann più volte  dichiara che certi ottimi risultati delle cure tradizionali, ovvero con rimedi ponderali, ovvero in grossa quantità e non diluiti e dinamizzati, erano semplicemente casuali: la casualità  era dovuta  al fatto che   per quelle malattie era stato adottato il criterio della legge dei simili, senza  che il medico fosse a  conoscenza di ciò; esempio: molte prodotti   sotto forma di creme, pastiglie, aerosol ecc.  contengono sostanze come zolfo, zinco, magnesio, bismuto, a dosi ponderali, ovvero elevate,   che servono a curare  per la legge di similitudine altrettanti disturbi di pelle e stomaco e bronchi.

FARMACOLOPGIA OMEOPATICA

FARMACOLOPGIA OMEOPATICA  secondo  Hahnemann:  rappresenta il tentativo di  comprendere, tirare fuori, sapere  con esattezza la reale azione farmacologica o terapeutica di una sostanza:  Hahnemann in pratica si pone  per la prima ed unica volta nella storia della medicina, una domanda  fondamentale: in quale maniera, con quale stratagemma  è possibile  comprendere l’azione vera di una qualsiasi sostanza, una pianta, un metallo, veleno? Adotta un metodo, a mio avviso geniale, suffragato  da  prove  e  controprove  che ha  veramente stupito  molti, ma ha anche lasciato indifferenti tanti  sostenitori della cosiddetta medicina accademica o ufficiale.

Hahnemann eseguiva delle sperimentazioni, note col termine di proovings, su soggetti sani  per comprendere quali fossero le  reali   potenzialità di un certo farmaco o rimedio: in pratica intossicava un paziente sano, ove con sano si intende: apparentemente privo di malattie: a tali individui    somministrava    dosi sempre maggiori di una determinata sostanza; i pazienti sani, o volontari sani, o sperimentatori che avevano accettato di sottoporsi a tale sperimentazione  erano  uomini, donne,  bimbi, adolescenti, adulti, vecchi: una grande  varietà di individui  consentiva di  aver un campione il più possibile completo di   persone; ogni giorno il dottore, ovvero il responsabile di tale sperimentazione aumentava la dose di rimedio somministrato al  paziente sano: con estrema accuratezza segnava su un quaderno tutti i sintomi che tale  sperimentatore   a lui e ad alcuni suoi colleghi raccontava;  col passare  del tempo il paziente veniva sempre più intossicato:  i sintomi  cioè, si facevano sempre più fastidiosi, noiosi,  invadenti, insomma insopportabili  per il povero sperimentatore per cui tale procedura veniva interrotta:  in particolare alcuni sintomi  si ripetevano con  grande frequenza negli sperimentatori, nella vasta gamma di queste persone sane diciamo che  volontariamente si erano dimostrate disponibili alla sperimentazione: si trattava dei cosiddetti sintomi  primari, ovvero di quei  segni, sintomi, disturbi  che rappresentavano la caratteristica di quella particolare sostanza: Hahnemann  e i suoi collaboratori potevano, dopo una accurato  esame di tutti quei sintomi o segni, che avevano raccolti nei loro quaderni, dichiarare che una  certa sostanza aveva  delle ben precise caratteristiche, azioni: una provocava una gastroenterite,  una un  eczema diffuso nella pelle, un altra  ancora  l’asma  e così via (poi, come spiegherò oltre, quei  sintomi primari, ricavati dalla sperimentazione, se trovati in un paziente ammalato  venivano curati col rimedio stesso secondo al legge dei simili);  Hahnemann   chiamò tali sintomi primari per distinguerli da quelli secondari che non servivano a nulla al medico: i sintomi secondari rappresentavano i cosiddetti effetti collaterali, ovvero l’azione che l’organismo  metteva in atto  per eliminare quel  tossico, quella sostanza  somministrata  allo sperimentatore sano  sempre a dosi più alte e quindi più dannose:  pertanto  solo i sintomi primari  vanno  studiati bene  e ricordati dal medico e costruiscono il quadro veramente tipico, specifico di una certa sostanza.

Il fondatore della omeopatia sosteneva  che  questa era l’unico modo per capire la vera azione di una certa sostanza, in quanto provando una certa droga o farmaco o altro veleno, o pianta o metallo  su un paziente   ammalato non si poteva comprendere la reale azione della sostanza stessa: in un ammalato le azioni  della sostanza si mescolavano con quelle della malattia vera e propria creando grande confusione; inoltre   usando numerose sostanze, poi  diventava  impossibile comprendere quale azione avesse ognuna di tali sostanze: per questo Hahnemann somministrava  solo un rimedio: si parla appunto di omeopatia unicista, quella cioè del fondatore della omeopatia, per distinguerla  da  varie altre omeopatie complessiste, che  si basano sull’uso di numerosi  rimedi  all’interno della stessa boccetta  o dello stesso tubo granuli.

Inoltre Hahnemann considerava  omeopatia solo il granulo bianco di lattosio  (che poi  andava  diluito nell’acqua e a  sua volta l’acqua col granulo va agitata, scossa, soccussa, potentizzata e solo dopo tale manovra meccanica  il paziente  deve assumere un sorso di tale sostanza: non importa se i  granuli non si sciolgono nell’acqua: la loro informazione la  trasmettono ugualmente all’acqua che poi viene ingerita dal paziente: l’importante è insomma agitare la bottiglia con i granuli prima di bere): il medico tedesco  non  ha mai prodotto rimedi omeopatici sotto la forma di   pomate, creme, fiale  da iniettare, supposte eccetera: solo in un caso ha consigliato l’uso di Tintura madre di Thuja per i  condiloma, ovvero di un liquido da applicare sopra certe forme particolari  di lesioni della pelle, appunto i condilomi.

A conferma di  queste sue teoria, su come si possa comprendere la vera azione di una certa sostanza,  si poneva  poi  il  grande capitolo  della intossicazione: Hahnemann si era accorto che certe sostanze introdotte nell’organismo   per sbaglio o per scopo suicida o per vari altri motivi,  producevano certi sintomi che erano decisamente simili  a  quelli che lui e i suoi collaboratori  avevano scoperto  durante le sperimentazioni o proovings: si accorge che certe sostanze   a basse dosi provocavano gli stessi sintomi da lui stesso registrati nei proovings: inoltre dosi elevate fino ad arrivare a intossicazioni gravi per la salute del soggetto stesso o addirittura alla morte completavano il quadro della sperimentazione, che ovviamente veniva  interrotta ad un certo punto per motivi etici: non si poteva intossicare il povero sperimentatore volontario fino a  creargli malattie gravi: la sperimentazione andava ad un cero punto interrotta: l’intossicazione, non importa se accidentale o  a scopo suicida o altro sembrava all’inizio sovrapporsi alla sperimentazione omeopatica  e poi ovviamente procedeva oltre  fornendo informazioni utili: è questo il motivo per  cui,  per l’omeopata, è importante studiare  e conoscere  quale  tipo di intossicazione  sia in grado di  produrre  una certa sostanza: è  questa la prova del nove, un ulteriore certezza che tale metodo, ideato da Hahnemann,  per conoscere l’effettiva azione di una sostanza sia  giusto: sembra quasi che sperimentazione ed intossicazione  vadano di pari passo, di  braccetto, ovvero  forniscono sintomi simili: ovvero coloro  che si intossicano  lievemente di una certa sostanza o metallo o pianta o altro presentano gli stessi disturbi , almeno nella fase iniziale: poi  se  i disturbi, le malattie  si aggravano il  prooving ovviamente viene   interrotto, mentre purtroppo spesso l’intossicazione avanzava, anche fino al decesso, a volte: queste informazioni fornite dalla intossicazione  confermano la veridicità della farmacologia omeopatica, inventata da Hahnemann e  forniscono  una mole notevole di  dati al medico omeopata: non si può quindi studiare un rimedio omeopatico senza conoscere bene l’intossicazione: a volte  i dati forniti dalla intossicazione mancano perché nessuno esempio ingerisce certe piante, certi metalli o veleni e questo  impedisce una conoscenza approfondita del rimedio stesso.

INDICI GLICEMICI

Molta gente oggi parla di malattie della circolazione, di colesterolo, di quello buono e di quello cattivo, di arteriosclerosi, di ictus , infarti eccetera; vorrei fare di fare un poco di ordine in questo mare magnum La malattia nota come sindrome metabolica rappresenta attualmente quel quadro che raggruppa i principali disturbi legati a problemi diciamo in modo molto approssimativo di circolazione

Sindrome metabolica: è costituita da

Obesità addominale

Dislipidemia aterogena

Ipertensione

Insulinoresistenza +/-intglucidica

Stato proinfiammatorio

Stato trombofilico

Per valutare l’obesità addominale utile è

Misurazione della circonferenza addominale (maggiore o uguale a 102 cm negli uomini e 88 cm nelle donne)

BMI (Body mass index: indice di massa corporea) : si tratta un indice che mette in rapporto il peso corporeo con l’altezza: Peso corporeo espresso in kilogrammi diviso altezza in metri al quadrato

Esempio: Se il peso è 80 kg e l’altezza è 160 cm Il BMI sarà: 80 : (1,6 x 1,6) = 31,25

Questi valori valgono sia per l’uomo che per la donna

Se il valore è superiore a 40 abbiamo un grave obeso,

se è tra 30 e 40 un obeso e basta,

se tra 25 e 30 il paziente è in sovrappeso,

se fra18,5 e 25 il soggetto è nei limiti della norma,

se il valore è più basso di 18,5 la persona può essere definita magra

Ritengo utile comprendere anche le funzioni della insulina, perché quando si parla di malattie come il diabete, l’obesità, problemi cardiocircolatori tipo ipertensione arteriosclerosi ecc fondamentale diventa il ruolo della insulina

L’insulina:

promuove l’accumulo di glicogeno (zucchero di riserva) nel fegato (70gr circa) e nei muscoli,

deprime il consumo di grassi e proteine in favore dei carboidrati, ovvero spinge le cellule a bruciare carboidrati piuttosto che proteine e grassi,

promuove la formazione di trigliceridi (grassi) a partire da carboidrati e proteine,

promuove l’immagazzinamento di grassi nel tessuto adiposo

Tenendo sotto controllo i valori della insulina si hanno poi vantaggi importanti che vanno quindi Leggi il resto dell’articolo

LA PSORA ACUTA

La psora acuta ,   ovvero  la prima malattia.

L’elenco dei 60 sintomi di psora primaria  ci fa capire tante cose: non è un elenco banale di sintomi, ma anzi  ogni volta che uno lo legge  nota spunti nuovi,  dettagli che sembravano ovvi, ma che in realtà nascondono  una saggezza profonda. Per la prima volta nella storia della medicina un uomo, un medico  ci dice come  nascono e come evolvono le malattie: Hahnemann, il fondatore della omeopatia ci dice, anzi ci urla che tutte le malattie nascono ed avanzano in quella maniera, dopo una infezione acuta, chiamata  psora acuta: l’inizio quindi di tutte le malattie avviene così: in un punto ben preciso del corpo entra  un batterio che è lo Streptococco, quasi sempre, il quale  si diffonde attraverso i nervi in tutto il corpo;  a questo punto interviene l’organismo il quale  per poter eliminare il peso di tale infiammazione o processo infiammatorio diffuso dappertutto   decide la cosa più giusta, più ragionevole, meno faticosa e meno dispendiosa da fare:  sposta  la malattia interna che ha invaso tutto l’organismo  verso l’esterno: indirizza tale infezione   nella sede più innocua possibile e meno fonte di  danni: ovvero la cute; pertanto   dopo  un periodo  di incubazione,   caratterizzato dalla diffusione della  malattia in tutto l’organismo, asintomatico perché non provoca disturbi o fastidi, insorge la  cosiddetta psora acuta: si tratta  di  un eczema, una  macchia  rossa  molto pruriginosa, ma con caratteristiche ben precise: il prurito è voluttuoso, cioè un paziente  prova un certo piacere quando si gratta, anzi non riesce a non grattarsi; inoltre  tale grattamento,  se  intenso, scatena bruciore:  il prurito peggiora  dopo una bagno o una doccia dopo cioè il contatto con acqua fredda; compare contemporaneamente uno stato che ricorda quello dell’influenza ovvero febbre bassa, brividi, sudorazione, malessere generale, sensazione di ossa rotte, stanchezza, sintomi banali che  il paziente spesso trascura, non ci fa caso insomma.  Sulla macchia rossa compaiono delle vescicole che  prima si riempiono di un  liquido  chiaro e poi giallastro  e  quindi si rompono, lasciando fuoriuscire  tale secrezione e poi ne consegue una crosta.  Sulfur è il rimedio omeopatico di tale fase: solo un granello di tale rimedio  può   impedire   alla psora,   a questa diciamo infezione da Streptococco di  diffondersi ulteriormente, di avanzare: la peculiarità di tale psora acuta è  data dal fatto  che è  difficilissimo vedere  e  diagnosticare  questa prima, ma veramente prima malattia che tutti hanno  avuto,  ma   che pochi ricordano.  Pertanto dopo l’entrata del batterio attraverso il punto debole, ovvero un nervo scoperto, abbiamo  la diffusione  dentro tutto il corpo del paziente  di tale microorganismo;  se  non viene fermata  tale malattia,  grazie al Sulfur, un rimedio o farmaco omeopatico, poi essa in maniera subdola, lenta, ingannatrice  avanza.

Dopo  tale    fase acuta   comparirà una fase quiescente,  un periodo intermedio in cui il paziente   sviluppa  tutta  una serie di sintomi sfumati, aspecifici:  si  tratta  dei  60 sintomi della psora  primaria  o  latente che  Hahnemann ben descrive nel  Trattato delle  malattie croniche  (due miei precedenti articoli riportano esattamente tali 60 sintomi).  Tale  malattia è   nota come psora primaria o  psora  latente  perché  non presenta  manifestazioni eclatanti;  appunto per questo  è stata chiamata con vari nomi: la malattia non malattia, la malattia troppo spesso trascurata.   Tutti i medici dovrebbero tenere tale elenco di 60 sintomi  nella  loro scrivania. Poi dalla psora primaria, ovvero da questi 60 sintomi si passa alla psora secondaria, fatta di oltre 400 sintomi, cioè alle malattie vere proprie, come un poco alla volta cercherò di spiegare.